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dai GIORNALI di OGGI

ATTENTATO A CABUL :

STRAGE, 6 ITALIANI MORTI, 4 FERITI,

OLTRE 20 MORTI FRA I CIVILI

2009-09-16

Ingegneria Impianti Industriali

Elettrici Antinvendio

ST

DG

Studio Tecnico

Dalessandro Giacomo

SUPPORTO ENGINEERING-ONLINE

 

L'ARGOMENTO DI OGGI

 

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2009-09-16

CORRIERE della SERA

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2009-09-21

Basilica gremita di militari e cittadini comuni. Napolitano in prima fila

A Roma l'ultimo saluto ai parà

La cerimonia funebre a San Paolo fuori le mura. Mons. Pelvi: doverose le missioni. Poi un grido: "Pace subito"

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(Carino)

(Carino)

ROMA - Il picchetto d'onore composto dai rappresentanti dei diversi corpi d'armata italiani ha accolto con gli onori militari e l'urlo "Folgore!", alla basilica di San Paolo fuori le mura, i sei feretri coperti dal tricolore dei paracadutisti italiani rimasti vittime, giovedì, dell'attentato kamikaze di Kabul. Portate a spalla all'interno della basilica, le sei bare sono state accolte da un tripudio di bandiere tricolori sventolate dalle migliaia di persone che si sono affollate nel piazzale esterno. L'ingresso nella basilica, alle 11, è stato accolto da un lungo e sentito applauso e da una marcia funebre (il brano "In pace per la pace" di Fulvio Creux) intonata dalla banda militare, che ha preceduto l'inizio della cerimonia religiosa, officiata dall'ordinario militare, monsignor Vincenzo Pelvi. Lo stesso prelato ha dato il via alle esequie leggendo un telegramma inviato da Papa Benedetto XVI che si dice "profondamente addolorato per il tragico attentato terroristico".

"GIUSTE LE MISSIONI DI PACE" - Nel corso dell'omelia, mons. Vincenzo Pelvi ha avuto un pensiero per ciascuno dei sei soldati morti, a cui si è rivolto dando loro del "tu". E ha poi parlato dell'importanza delle missioni di pace. "Se uno Stato non è in grado di proteggere da violazioni gravi e continue dei diritti umani e dalle conseguenze delle crisi - ha detto il sacerdote -, la comunità internazionale è chiamata a intervenire". "Le missioni di pace - ha aggiunto - ci stanno aiutando a valutare da protagonisti il fenomeno della globalizzazione, che non è da intendere solo come processo economico ma come criterio etico. Il mondo militare contribuisce a edificare una solidarietà globale".

"PACE SUBITO, PACE SUBITO" - Più avanti nel corso della cerimonia, al momento dello scambio della pace, mentre i famigliari si abbracciavano tra loro, un uomo è riuscito a salire sull'altare e davanti ad un microfono ha iniziato ad urlare ripetutamente lo slogan "Pace subito": non è stato inquadrato durante la diretta tv, impegnata a zoomare sui parenti delle vittime, ma le agenzie di stampa riferiscono di una persona non ancora identificata poi allontanata dalla sicurezza. Prima della chiusura del rito religioso, il deputato del Pdl, Gianfranco Paglia, rimasto ferito anni fa durante una missione di pace in Somalia, ha letto la preghiera del paracadutista accanto al figlio di uno dei soldati che hanno perso la vita nell'agguato, che indossava il basco cremisi della Folgore. Grande commozione tra le decine di militari che affollano la basilica hanno suscitato anche le note del silenzio eseguite alla fine della preghiera.

LE FRECCE TRICOLORI - Un doppio passaggio a bassa quota delle Frecce Tricolori, che hanno disegnato in cielo i colori della bandiera italiana, ha poi chiuso la cerimonia all'esterno della basilica, tra applausi e il grido "Folgore!" ripetuto più volte dai picchetti che le sezioni di combattenti e reduci hanno organizzato lungo il recinto della basilica. Le bare hanno poi iniziato il viaggio verso le città e i paesi di residenza dei soldati morti, dove i militari saranno inumati.

IL CORTEO FUNEBRE - Il corteo funebre era partito poco prima delle dieci dall'ospedale militare del Celio. Lungo un percorso che ha sfiorato il Colosseo e l'Aventino, ha poi percorso l'Ostiense fino ad arrivare alla basilica, la stessa in cui furono celebrati i funerali delle vittime di Nassiriya. Due ali di folla avevano salutato con un applauso le bare all'uscita dal portone dell'ospedale militare. Lungo tutto il tragitto il corteo composto da mezzi militari scoperti scortati da motociclisti della polizia di Stato è stato salutato da bandiere italiane esposte alle finestre.

L'INCHINO DI NAPOLITANO - Nella basilica, nell'attesa dei feretri, si erano raccolti in silenzio i parenti delle vittime, i rappresentanti istituzionali, le delegazioni dei partiti e tanti commilitoni che hanno voluto essere presenti alle esequie. Anche i parà rimasti feriti nell'attentato hanno voluto essere presenti all'ultimo saluto ai compagni morti. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, si è inchinato al passaggio di ognuna delle sei bare. Tra i leader politici presenti, anche il segretario della Lega, Umberto Bossi, critico verso la permanenza dei militari italiani in Afghanistan, che entrando in basilica ha commentato: "Li abbiamo mandati noi e sono tornati morti".

 

21 settembre 2009

 

 

 

 

 

 

 

L'uomo, fermato dalla sicurezza, è poi stato accompagnato fuori dalla basilica

E il sig. Antonio gridò: "pace subito"

Un sessantenne si impadronisce del microfono durante la cerimonia religiosa e lancia slogan contro la guerra

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IL VIDEO: Gli slogan durante lo scambio della pace

ROMA - Si chiama Antonio ed è diventato, nel bene o nel male, un pezzo della cronaca di questa giornata di lutto nazionale in cui si sono svolti i funerali di Stato per i sei paracadutisti della Folgore uccisi nell'attentato di giovedì scorso a Kabul.

SULL'ALTARE - L'uomo, indicato come dall'apparente età di 60 anni e di cui non sono state fornite le generalità complete, era riuscito a salire sul palco durante la cerimonia e aveva approfittato del silenzio seguito all'invito a scambiarsi un gesto di pace - nel corso del quale anche il celebrante ha abbandonato il suo posto per raggiungere le famiglie delle vittime - per salire sull'altare a gridare più volte, al microfono, lo slogan "pace subito, pace subito".

UN CAFFE' AL BAR - Fermato dalla sicurezza, è stato accompagnato fuori dalla sicurezza e accompagnato alla postazione dei volontari del 118. Poi è stato identificato dentro a un bar e alla fine gli è stato anche offerto un caffè da parte dei carabinieri.

 

21 settembre 2009

 

 

 

 

 

 

 

LE RAGIONI DELLA MISSIONE IN AFGHANISTAN

Un impegno sul terrorismo

Oggi, nel giorno dei funerali dei sei pa­racadutisti caduti a Kabul, l’Italia uffi­ciale si stringerà, con compo­stezza e rispetto, intorno ai no­stri soldati. Come è certamen­te nei sentimenti di tutti e co­me l’opinione pubblica esige. Oggi non si sentiranno le "stecche" che si sono udite nel giorno dell’attentato. E’ im­portante che quelle stecche non si sentano più. Le questio­ni di guerra hanno questo di diverso rispetto alle normali lotte fra i partiti per, ponia­mo, l’accaparramento di cari­che di presidenti di Regione: ci va di mezzo la vita dei solda­ti. Come ha osservato Emma Bonino ( Il Riformista , 19 set­tembre) il nemico ascolta, ec­come: ci ascoltava quando, al­l’epoca del governo Prodi, la sinistra estrema minacciava sfracelli se non ce ne fossimo andati presto dall’Afghanistan e oggi ascolta le dichiarazioni (poi rettificate) di Umberto Bossi. Per questo, tali questio­ni non possono essere trattate dai partiti come se fossero fac­cende interne. Ciò non signifi­ca che non si debba partecipa­re, insieme agli alleati, a una riflessione collettiva su come fronteggiare le nuove, sempre più difficili, condizioni del conflitto in Afghanistan. Al di là di eventuali revisioni di stra­tegia militare o politica, c’è un dirimente punto politico, co­me ha notato Sergio Romano, sul Corriere del 19 settembre, e come ha riconosciuto il mi­nistro della Difesa Ignazio La Russa ( Il Corriere , 20 settem­bre): si tratta di rinnovare ogni sforzo affinché al Paese torni ad essere ben chiara la posta in gioco. Non è solo un problema italiano. E’ un pro­blema europeo. Oltre che in Italia anche in Gran Bretagna, in Francia, in Germania, in Spagna, nelle opinioni pubbli­che tende oggi a prevalere la richiesta di ritiro. Negli anni immediatamente successivi al­l’ 11 settembre 2001 era ancora chiaro agli europei il perché della presenza militare in Af­ghanistan. In seguito, man mano che andava sbiadendo la memoria dell’11 settembre e i talebani, ricostituite le forze, ricominciavano a combattere con crescente efficacia, le clas­si dirigenti europee non sep­pero rimotivare le opinioni pubbliche. E’ il senso della presenza europea in quel tea­tro che è andato perduto. Va urgentemente (ri) spiegato al­le opinioni pubbliche che una vittoria talebana a Kabul desta­bilizzerebbe il Pakistan, e il fondamentalismo islamico tornerebbe a galvanizzarsi ovunque (anche in Europa). E’ per evitare che i kamikaze si mettano all’opera qui da noi che siamo in Afghanistan.

Poiché la guerra va ora ma­le per gli occidentali, si è diffu­sa la tesi (consolatoria) secon­do cui ciò che là accade avreb­be poco a che fare con il terro­rismo islamico. Dipendereb­be dalle lotte fra i pashtun e le altre etnie, dai riflessi della ri­valità indo-pachistana, eccete­ra. Questi elementi esistono. Ma sarebbe cecità non vedere che il conflitto ha due facce: la prima legata alle specificità locali e la seconda alle sorti del terrorismo internazionale. Ma come la mettiamo, qui da noi in Italia, si sente ripete­re, con l’articolo 11 della Costi­tuzione? L’articolo 11 venne scritto perché i costituenti ave­vano in mente le guerre di ag­gressione del fascismo. Sono quelle guerre che la Costitu­zione vieta. Significa far torto alla intelligenza e al patriotti­smo dei costituenti sostenere che essa ci impedisce di parte­cipare, con gli alleati, ad azio­ni militari tese a contrastare (oggi in Afghanistan, domani forse in Somalia e in altri luo­ghi) la diffusione del terrori­smo.

Angelo Panebianco

21 settembre 2009

 

 

 

 

 

 

IL LEADER DELLA LEGA E LA STRAGE DI KABUL

Bossi di fronte alle bare dei parà:

li abbiamo mandati e sono tornati morti

Il leader del Carroccio: "Votai anche io ma non per farli morire. Sul ritiro decide Berlusconi"

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I funerali (21 settembre 2009)

ROMA - "Li abbiamo mandati noi e sono tornati morti". Lo dice il leader della Lega nord, Umberto Bossi, entrando nella basilica di San Paolo fuori le mura per i funerali dei caduti italiani morti nell'attentato a Kabul. E poi all'uscita ribadisce: "Ho votato anche io. Eravamo convinti che servisse non certo a farli morire". A chi gli chiede se le sue parole rinfocoleranno le polemiche, il ministro delle Riforme ha detto: "Molti ora sono convinti diversamente rispetto al passato. Deve passare un po' di tempo". Quanto al rientro entro Natale, il senatur ha proseguito: "Ci sono le piccole e le grandi cose, sarebbe un passettino portarne a casa a Natale almeno un po'. È un augurio, una speranza". "Certo -ammette Bossi- c'è un problema americano, internazionale... Bisogna quindi chiedere a Berlusconi, che è l'uomo che si trova fra noi e l'America. Le cose, comunque -ha concluso- stanno migliorando".

GLI ALLEATI - Il ministro ritira fuori l'argomento ritiro proprio nel giorno delle esequie dopo che in precedenza aveva proposto il "tutti a casa" per Natale. Invece per quella data torneranno solo 500 militari, quelli mandati in Afghanistan in occasione delle elezioni del 20 agosto. Ma la discussione sul futuro della missione italiana, aperta dalla Lega, si allarga e coinvolge tutti gli attori della scena politica. Silvio Berlusconi ha spiegato che non ci sarà mai una decisione unilaterale dell' Italia per riportare in patria i militari della missione. Tutto dovrà essere concordato con gli alleati.

LE POSIZIONI - Tutti d'accordo su questa impostazione, ma la Lega non rinuncia a pensare che sarebbe meglio un rientro in tempi brevi: "Prima si torna , meglio è", dice il capogruppo Roberto Cota. Berlusconi, che ha incontrato a Palazzo Chigi il nuovo ambasciatore americano David Thorne, ha spiegato che bisognerà mettere a punto una "transition strategy" per responsabilizzare il governo afghano. Solo se il governo Karzai saprà garantire la sicurezza, ha detto, si potrà "consentire alle truppe alleate di diminuire gli organici".. Il fronte di chi non vuol sentir parlare di ritiro, vede in prima linea gli uomini di Gianfranco Fini. Se il presidente della Camera si è limitato a chiedere "la massima unità delle forze politiche" nel giorno del dolore, sostenendo che non è questo il momento delle polemiche, i suoi fedelissimi non esitano ad attaccare le posizioni "pacifiste". Contrario al disimpegno anche Massimo D'Alema: sarebbe "una catastrofe", sostiene in un'intervista all'Unità. Ma l'ex ministro degli Esteri non risparmia critiche al governo "che non sta dando un bello spettacolo". Altro contrario al ritiro, il capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto, che stigmatizza le posizioni "opportunistiche e ambigue". Duro anche Pier Ferdinando Casini: "Chi parla di ritiro è un irresponsabile". Il fronte dell'exit strategy, oltre alla lega, vede schierato l'Idv di Antonio Di Pietro, che chiede di aprire una discussione in Parlamento "su come è cambiata la situazione in Afghanistan". Favorevole a un ritiro anche il segretario di Rifondazione Comunista Paolo Ferrero.

 

21 settembre 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

2009-09-20

L'ARRIVO ALLE 9.30

Napolitano accoglie le salme dei parà

Aperta la camera ardente al Celio

A Roma il C-130 con i corpi dei militari italiani uccisi a Kabul. Rientrati nella notte i quattro feriti

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L'omaggio di Napolitano (Lapresse)

L'omaggio di Napolitano (Lapresse)

ROMA - Un picchetto di paracadutisti della Folgore schierato sulla pista dell'aeroporto militare di Ciampino ha accolto l'arrivo del C-130 dell'Aeronautica con a bordo i feretri dei 6 parà uccisi nell'attentato di giovedì 17 settembre a Kabul.

IL SALUTO - I feretri dei sei parà uccisi a Kabul, avvolti nel tricolore, sono stati sbarcati dal C-130 dell’areonautica militare e sulla pista dell’aeroporto di Ciampino hanno ricevuto gli onori militari. L’ordinario militare, mons. Vincenzo Pelvi, ha benedetto le sei bare.

LE ISTITUZIONI - Il presidente Napolitano ha accolto le salme dei militari uccisi e con lui le più alte cariche dello Stato. Il capo dello Stato si è inchinato davanti ad ogni bara, in silenzio, con la mano destra appoggiata sul feretro. Dopo l'omaggio di Napolitano, è stato intonato il Silenzio e il picchetto schierato a Ciampino ha reso onore ai caduti. A Roma sono da sabato le famiglie dei 6 militari uccisi: il capitano Antonio Fortunato, il sergente maggiore Roberto Valente, il caporal maggiore capo Massimiliano Randino e i caporal maggiori scelti Davide Ricchiuto, Giandomenico Pistonani e Matteo Mureddu.

Il piccolo Simone Valente con il basco del papà (Reuters)

Il piccolo Simone Valente con il basco del papà (Reuters)

LE FAMIGLIE - Sulla pista i familiari dei militari uccisi. Tra loro anche Simone Valente, il bimbo di 2 anni figlio del sergente maggiore Roberto Valente. In braccio alla sua mamma, il piccolo aveva in testa il basco bordeaux del suo papà. Il piccolo ha da poco compiuto il suo secondo compleanno e il papà era riuscito a tornare per festeggiarlo con lui. Poche ore dopo era ripartito per l'Afghanistan.

CAMERA ARDENTE - È stata aperta al pubblico poco prima delle 16 la camera ardente all'ospedale militare del Celio con le salme dei sei militari italiani rimasti uccisi nell'attentato in Afghanistan. A presidiare l'entrata dell'ospedale sono schierati dei militari. In fila si contano già un migliaio di persone in attesa di entrare. I parenti delle vittime sono entrati in precedenza insieme ai feretri. Via Claudia, la strada che costeggia il Celio è adornata con numerose bandiere dell'Italia, le stesse che sventolano centinaia di persone in fila per entrare. Tra i primi ad entrare, il sindaco di Roma, Gianni Alemanno.

LE AUTOPSIE - Morte per trauma da esplosione. E' il risultato delle autopsie effettuate nell'istituto di medicina legale dell'Università "La Sapienza", diretto da Giancarlo Arbarello e dal professor Ozrem Carella Prada, sui cadaveri dei sei militari. I medici legali hanno sottoposto ad un esame esterno le salme dei sei parà della Folgore uccisi nell'attentato avvenuto giovedì scorso a Kabul. Gli esperti, secondo quanto si è appreso, hanno anche prelevato alcuni frammenti metallici dai cadaveri che saranno sottoposti ad accertamenti. I risultati sono stati comunicati al procuratore aggiunto Pietro Saviotti e al sostituto Giancarlo Amato, titolari del fascicolo aperto per strage con finalità di terrorismo

CAMERA ARDENTE - Finite le autopsie, il corteo funebre si è mosso dall'istituto di medicina legale dell'Università La Sapienza pochi minuti prima delle 15 ed è poi arrivato, scortato anche dai motociclisti dei vigili urbani, all'ospedale militare del Celio, dove sarà aperta la camera ardente. Fuori già da tempo sono in attesa alcune centinaia di cittadini per rendere omaggio ai parà.

LE BANDIERE- Per i funerali di Stato che saranno celebrati lunedì 21 alle 11.30 nella basilica romana di San Paolo fuori le mura, il Comune di Roma farà mettere 2.500 bandiere tricolori su tutto il percorso del corteo funebre dall'ospedale militare del Celio alla basilica

I FERITI - Sono rientrati in Italia anche i quattro militari italiani rimasti feriti nell’attacco di giovedì a Kabul, in Afghanistan. Si tratta del primo maresciallo dell'Aeronautica Felice Calandriello, 58 anni, di Sassano (Salerno) e tre primi caporalmaggiori dei parà: Rocco Leo, 26 anni, di Francavilla Fontana (Brindisi); Sergio Agostinelli, 32 anni, originario della Svizzera e Ferdinando Buono, 30 anni, di Napoli. Il loro arrivo è avvenuto all’1:32 all’aeroporto di Fiumicino, con un volo dell’Alitalia da Abu Dhabi-Larnaca. L’hanno reso noto fonti ufficiali dello scalo romano.

"Sono tutti in buone condizioni, tranquilli", ha detto il colonnello medico Roberto Bramati, capo dipartimento emergenza del Celio, parlando delle condizioni dei quattro militari italiani. Tutti hanno "un disturbo da stress post traumatico, ma niente di particolare. Solo Buono ha anche una ferita a una mano, non di importante entità", ha detto l'ufficiale medico.

20 settembre 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

attacco agli italiani a kabul

Chi sono i militari morti in Afghanistan

Le sei vittime: Matteo Mureddu, Davide Ricchiuto, Gian Domenico Pistonami, Roberto Valente, Antonio Fortunato e Massimiliano Randino

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Afghanistan, attacco agli italiani: sei morti e quattro feriti

Il sergente maggiore Roberto Valente (Ansa)

Il sergente maggiore Roberto Valente (Ansa)

MILANO - Erano tutti di età compresa tra i 26 e i 37 anni i sei soldati italiani uccisi in un attacco a Kabul. Tutti paracadutisti della Brigata Folgore.

Il sergente maggiore Roberto Valente era il più anziano dei sei. Nato a Napoli nel 1972, era in forza al 187° Reggimento. Risiedeva nel capoluogo campano nel quartiere Fuorigrotta, con la moglie e un figlio piccolo. Valente si trovava sul convoglio che lo avrebbe riportato dall'aeroporto alla base militare in Afghanistan. Aveva lasciato la sua città, Napoli, proprio mercoledì sera dopo aver trascorso 15 giorni di licenza con la famiglia. Sua madre attendeva in mattinata una telefonata, per sapere se il viaggio di rientro fosse andato bene; invece della comunicazione del figlio è stata raggiunta da una delegazione dell'Esercito italiano. Appresa la notizia, la moglie di Valente ha detto: "Sono orgogliosa di mio marito"

Il più giovane era Matteo Mureddu, 26 anni, di Solarussa, un piccolo paese in

Il caporal maggiore Matteo Mureddu. Aveva 26 anni (Ansa)

Il caporal maggiore Matteo Mureddu. Aveva 26 anni (Ansa)

provincia di Oristano. Era nato ad Oristano nel 1983, ed era in forza al 186° Reggimento. Il giovane Matteo, figlio di un allevatore di pecore, Augusto Mureddu, e di una casalinga, Greca, ha un fratello di dieci anni più grande, Stefano, anch'egli militare, e una sorella, che l'estate scorsa l'aveva reso zio. Il giovane avrebbe dovuto sposarsi lo scorso mese di giugno, come ha rivelato l'ex parroco di Solarussa, don Franco Murru. "Con la fidanzata avevano deciso - ha spiegato - di sposarsi a giugno ma poi avevano rinviato per la decisione di partire per l'Afghanistan". La notizia della morte di Matteo è stata data ai familiari poco dopo mezzogiorno dal comandante militare della Sardegna, il generale Sandro Santroni, accompagnato dal sindaco del paese, Angela Sechi. È stato un colloquio praticamente "muto", ha raccontato Santroni. "Non è facile andare da una madre a dirle che un figlio è morto - ha detto , ma non c'è stato neanche il bisogno di dire nulla. Quando hanno visto le divise hanno capito da soli. Sono - ha sottolineato, riferendosi alla compostezza tipica degli isolani - dei veri sardi".

Il tenente Antonio Fortunato, 35 anni comandava la pattuglia che ha subito l'attentato

Il tenente Antonio Fortunato, 35 anni comandava la pattuglia che ha subito l'attentato

Il tenente Andrea Fortunato, classe 1974, originario di Lagonegro (Potenza), in forza al 186° Reggimento, aveva vissuto diversi anni a Tramutola, sempre nel Potentino, dove risiedono tuttora i suoi genitori. Il militare era sposato e la moglie è anche lei originaria della Val d'Agri: la coppia viveva a Badesse, vicino a Siena, nella zona dove l'ufficiale prestava servizio. Andrea Fortunato lascia la moglie Gianna, insegnante precaria con cui avrebbe festeggiato dieci anni di matrimonio il 16 dicembre prossimo. La coppia ha un figlio di sette anni. L'abitazione di Badesse è visitata da colleghi, amici e parenti che stanno portando il loro conforto. Il tenente Fortunato era molto conosciuto nella piccola località, dove i vicini sono al corrente delle sue missioni all'estero con la brigata Folgore. Intanto secondo quanto appreso una psicologa si sarebbe recata alla scuola del bambino appena si è diffusa la notizia della morte del padre per attivare un programma di assistenza dedicato ai familiari in circostanze come questa.

Le altre tre vittime sono il primo caporal maggiore Davide Ricchiuto, nativo di Glarus (Svizzera) ma residente in Salento; il primo caporal maggiore Gian Domenico Pistonami, di Orvieto e il primo caporal maggiore Massimiliano Randino, nato a Pagani (Salerno).

Davide Ricchiuto, primo Caporal Maggiore, nato a Glarus (Svizzera), era in forza

Il caporal maggiore Davide Ricchiuto (Ansa)

Il caporal maggiore Davide Ricchiuto (Ansa)

al 186esimo Reggimento. Aveva 26 anni e assieme al sardo Mureddu, era il più giovane dei sei militari uccisi. Risiedeva a Tiggiano, nel Salento, insieme alla famiglia ed era il secondo di tre figli: il fratello maggiore si chiama Ippazio, e la sorella minore Anna Lucia. Il padre Angelo, che da giovane era emigrato in Svizzera, è rientrato da tempo nel paese d'origine con tutta la famiglia e attualmente lavora in una ditta di costruzioni. La madre è casalinga. Il giovane, che aveva la funzione di autista di mezzi militari, non era alla prima missione in Afghanistan. Appena possibile tornava sempre in paese a casa dei suoi.

Il caporal maggiore Giandomenico Pistonami (Ansa)

Il caporal maggiore Giandomenico Pistonami (Ansa)

GianDomenico Pistonami aveva 28 anni, era figlio unico ed era fidanzato con una ragazza di Lubriano (Viterbo). Gian Domenico era nato ad Orvieto (Terni) nel 1983 ed in forza al 186° Reggimento. Era nato nell'ospedale di Orvieto, in quanto Lubriano, paese di meno di mille abitanti affacciato sulla Valle dei Calanchi, si trova al confine tra il Viterbese e il Ternano. Ma soltanto un mese dopo la sua nascita, il 16 giugno, si era trasferito con la famiglia in provincia di Viterbo, a Lubriano. Il padre si chiama Franco, ha 55 anni, è operaio in una ditta d'impianti elettrici. La mamma Annarita, di 47, casalinga. Si sono sposati nell'82 ed hanno sempre vissuto a Lubriano. Il mio è il lavoro "più importante" e pericoloso, fatto di concentrazione e tensione perché da lassù "con un gesto posso fermare le macchine che passano". Pistonami raccontava così in un'intervista a L'Espresso il 3 agosto scorso il suo impegno in Afghanistan, pochi giorni dopo la morte del caporalmaggiore Di Lisio. Pistonami, proprio come Di Lisio, era un mitragliere, l'uomo più a rischio quando si esce in pattuglia perché è quello che sta in "ralla", la torretta del Lince, dunque il può esposto agli attacchi. "Esco tutti i giorni, faccio da scorta a materiali e persone - diceva - Il mio è il ruolo più importante della pattuglia, ho più campo visivo e uditivo, con un gesto posso fermare le macchine che passano". Stavolta però non gli è riuscito di fermare la Toyota bianca e salvare la sua vita e quella dei suoi commilitoni.

La sesta vittima è il caporale maggiore scelto Massimiliano Randino

Massimiliano Randino (Ansa)

Massimiliano Randino (Ansa)

, nato a Pagani (Salerno) il 16 agosto 1977, dal 31 gennaio scorso effettivo al 183mo battaglione Nembo di Pistoia. Era rientrato appena mercoledì da una dozzina di giorni trascorsi in licenza in Italia e al momento dell'attentato era appena arrivato a Kabul. Randino, residente a Sesto Fiorentino (Firenze) lascia la moglie con cui era sposato da 5 anni. La coppia non ha figli. La donna ha ricevuto nel primo pomeriggio la notizia dai vertici del Nembo che si sono recati alla sua abitazione. Randino ha alle spalle 10 anni di servizio ed era alla terza missione in Afghanistan. Prima di giungere a Pistoia era stato impegnato al 'Fose' di Firenze. "Una persona veramente in gamba irreprensibile, affidabile ed un soldato di serie A, di prima scelta, educato ma non per questo privo di polso", lo ricordano i commilitoni del Nembo.

I FERITI - Sono quattro i militari rimasti feriti in seguito all'attentato: tre appartenenti al 186° Reggimento dell'Esercito e uno all'Aeronautica Militare. "Le loro condizioni sono buone" ha riferito il generale Massimo Fogari, capo ufficio stampa dello Stato Maggiore di Difesa presente all'omaggio reso ai sei militari uccisi presso lo Stato Maggiore dell'Esercito dove è stato aperto al pubblico il Sacrario dei caduti. "Sono stati colpiti in modo abbastanza lieve vista la situazione in cui si è verificato l'attentato - ha spiegato Fogari - Si tratta per lo più di contusioni e di choc da esplosione. Le loro condizioni quindi fanno ben sperare". Fogari ha inoltre aggiunto che i feriti hanno avuto modo di chiamare i loro familiari per rassicurarli sulle loro condizioni di salute.

 

17 settembre 2009(ultima modifica: 18 settembre 2009)

 

 

 

 

 

la camera ardente verrà aperta a roma

Afghanistan: rientrati nella notte i 4 militari feriti, domenica l'arrivo dei caduti

Per i 6 soldati uccisi nell'attentato di giovedì, funerali di Stato a Roma lunedì prossimo

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Attentato a Kabul, colpiti due nostri blindati: morti 6 parà della Folgore (17 settembre 2009)

ROMA - Domenica le salme dei sei soldati italiani caduti nel tragico attentato di giovedì a Kabul rientreranno in Italia. Lo si apprende da fonti militari. All'aeroporto d Kabul è in fase di allestimento una camera ardente, dove i colleghi dei sei militari li saluteranno per l'ultima volta. Le bare verranno poi sistemate su un C-130 dell'Aeronautica militare e trasportate in Italia. A Roma verranno eseguite le autopsie, su disposizione della procura della capitale che ha aperto un fascicolo sulla strage. I funerali solenni si terranno invece sempre a Roma lunedì, giornata per la quale è stato deciso il lutto nazionale con un minuto di silenzio nelle scuole e negli uffici pubblici. Le esequie si terranno nella Basilica di San Paolo fuori le mura. È quanto deciso dal Consiglio dei ministri.

RIENTRATI I FERITI - Nella notte sono arrivati invece a Roma i 4 militari feriti nello stesso attentato. Si tratta dello primo maresciallo dell'Aeronautica Felice Calandriello, 58 anni, di Sassano (Salerno) e tre primi caporalmaggiori dei parà: Rocco Leo, 26 anni, di Francavilla Fontana (Brindisi); Sergio Agostinelli, 32 anni, originario della Svizzera e Ferdinando Buono, 30 anni, di Napoli.

 

18 settembre 2009

 

 

 

 

Tra le vittime anche 15 civili afghani, 55 i feriti. I TALEBANI RIVENDICANO LA STRAGE

Attentato a Kabul, colpiti due nostri blindati: morti 6 parà della Folgore

Un kamikaze in auto si fa saltare in aria sulla strada dell'aeroporto. Tra i nostri soldati 4 feriti

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Berlusconi: "Sull'Afghanistan, non cambiamo linea" (28 luglio 2009)

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La Folgore e l’"escalation" della guerriglia (26 luglio 2009)

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Afghanistan, ferito un militare italiano (25 luglio 2009)

MILANO - Sei militari italiani sono morti e altri quattro sono rimasti feriti in Afghanistan in seguito a un attentato kamikaze che ha colpito un convoglio della Nato sulla strada che porta dal centro cittadino all'aeroporto della capitale, Kabul. Sia i morti sia i feriti (quest'ultimi non sarebbero in pericolo di vita secondo quanto ha riferito il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, al Senato) appartengono al 186esimo Reggimento Paracadutisti Folgore di stanza a Siena, tranne un ferito che è un militare dell'aeronautica. L'attentato di Kabul ha provocato l'immediato cordoglio del governo e di tutto il mondo politico italiano. E un pensiero alle vittime lo ha rivolto anche il Papa: "Prego per le famiglie dei caduti" ha fatto sapere il pontefice tramite una nota della Santa Sede.

ANCHE I CIVILI - Nello scoppio sono rimasti coinvolti due blindati italiani di scorta al convoglio, colpiti in pieno dall'esplosione di un veicolo imbottito di esplosivo condotto da un attentatore kamikaze. I morti italiani sono quattro caporal maggiore, un sergente maggiore e il tenente che comandava i due blindati. Di tutti successivamente l'esercito ha comunicato i nomi. "Gli effetti dell'attentato sono stati devastanti", ha sottolineato una fonte militare. Successivamente il ministro La Russa ha spiegato in Parlamento che per l'attentato sono stati utilizzati 150 kg di esplosivo. Oltre ai sei soldati italiani, vanno registrate 15 vittime tra i civili afghani, a cui si aggiungono 55 feriti.

FERITI - "Le condizioni dei militari feriti sono buone" ha riferito in serata il generale Massimo Fogari, capo ufficio stampa dello Stato Maggiore di Difesa presente all'omaggio reso ai sei militari uccisi presso lo Stato Maggiore dell'Esercito dove è stato aperto al pubblico il Sacrario dei caduti. "Sono stati colpiti in modo abbastanza lieve vista la situazione in cui si è verificato l'attentato - ha spiegato Fogari - Si tratta per lo più di contusioni e di choc da esplosione. Le loro condizioni quindi fanno ben sperare". Fogari ha inoltre aggiunto che i feriti hanno avuto modo di chiamare i loro familiari per rassicurarli sulle loro condizioni di salute.

LA RICOSTRUZIONE - L'attentato è avvenuto alle 12.10 locali, le 9.40 in Italia, nei pressi della rotonda Massud, dove il traffico è rallentato per i controlli sul traffico diretto verso l'ambasciata Usa, il comando Isaf e l'aeroporto. Sui due lati delle strade sono stati distrutti case e negozi. Secondo le prime ricostruzioni, un automezzo civile (una Toyota bianca secondo quanto ha riferito in Senato il ministro della Difesa Ignazio La Russa) con a bordo il kamikaze e con un notevole carico di esplosivo sarebbe riuscito ad infilarsi tra i mezzi prima di esplodere.

LA RIVENDICAZIONE DEI TALEBANI - Un portavoce dei talebani, Zabiullah Mujahid, ha rivendicato l’attentato. In un messaggio sms il portavoce ha riferito che un uomo di nome Hayutullah si è fatto esplodere contro il convoglio militare dell’Isaf, nel centro della capitale. Altre fonti, come detto, parlano però di due attentatori. Negli ultimi mesi, nonostante la massiccia presenza di forze armate internazionali, a Kabul si sono moltiplicati gli attacchi suicidi dei talebani. L'ultimo è stato l'8 settembre scorso, quando un'autobomba ha ucciso tre civili esplodendo davanti all'entrata della base aerea della Nato. Secondo alcune interpretazioni, l'obiettivo dell'attentato di Kabul forse non era il convoglio scortato dai militari, bensì una delle ambasciate straniere presenti nella capitale. A dimostrarlo ci sarebbe l'ingente quantitativo di esplosivo utilizzato, in quantità molto superiori rispetto a quanto viene normalmente impiegato per gli attacchi alle colonne di mezzi militari.

 

17 settembre 2009(ultima modifica: 18 settembre 2009)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2009-09-16

 

 

 

 

REPUBBLICA

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2009-09-21

Nella Basilica di San Paolo la cerimonia per i militari italiani uccisi in Afghanistan

Moltissima gente, con le più alte cariche dello Stato, applaude all'arrivo delle bare

L'addio dell'Italia ai caduti di Kabul

"Portavano pace, sono i nostri eroi"

Le parole di Monsignor Pelvi durante l'orazione funebre

L'addio dell'Italia ai caduti di Kabul "Portavano pace, sono i nostri eroi"

ROMA - "Una missione per proteggere la popolazione. I caduti sono eroi". Sono le parole dell'addio, quelle pronunciate da Monsignor Pelvi dall'altare della basilica di San Paolo fuori le mura. Parole di amarezza, e di orgoglio, nel giorno del lutto nazionale. Nel mezzo di un mattino in cui l'Italia saluta per l'ultima volta i sei soldati uccisi a Kabul.

Poco prima, le sei bare avevano sfilato dal Celio alla Basilica, avvolte nel tricolore. Lungo la strada in molti, durante il tragitto, avevano applaudito e sventolato bandiere. Ed ancora applausi all'arrivo e l'urlo "Folgore!".

Già in migliaia avevano affollato la camera ardente al Celio a Roma. E moltissimi hanno riempito San Paolo questa mattina. Dentro, lo Stato è in prima fila. A partire dal presidente, Giorgio Napolitano. E poi il premier Silvio Berlusconi, i presidenti di Camera e Senato, Gianfranco Fini e Renato Schifani, molti esponenti dell'opposizione e del governo, tutti i vertici delle forze armate.

Alle undici i feretri entrano nella Basilica. Napolitano si inchina al loro passaggio e resta a lungo sull'attenti. Su ciascuna delle sei bare c'è la foto di ogni vittima e le decorazioni che ha ricevuto.

Ad officiare il rito è monsignor Vincenzo Pelvi. Legge un messaggio con il cordoglio di Papa Benedetto XVI ("Sono profondamente addolorato per il tragico attentato"). Nell'omelia ricorda le vittime chiamandole per nome ed esaltando le loro vite vissute al "servizio della pace".

Si va avanti con la preghiera del parà letta dall'ex basco amaranto Gianfranco Paglia, deputato del Pdl, costretto su un sedia a rotelle dopo essere rimasto ferito in Somalia. Accanto a lui il figlio di Antonio Fortunato, Martin, di sette anni, con in testa il basco amaranto della Folgore. Prima che cominciassero le esequie aveva commosso tutti: si era alzato dalla sedia ed era andato ad accarezzare la foto del papà deposta sulla bara.

Alla fine, i feretri escono salutati da un lungo applauso, dal grido 'Folgore' e dal passaggio delle Frecce Tricolori. E' l'ultimo omaggio di una cerimonia intensa, commovente, sentita. Che ha visto un solo momento di imbarazzo. Quando un uomo ha preso un microfono ed è andato sull'altare gridando più volte "pace subito" prima di essere portato via.

(21 settembre 2009)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2009-09-20

Inchiesta sulla trappola ai parà

In Italia le salme dei caduti

Nella notte sono rientrati in Italia anche i quattro soldati feriti. Allestita la camera ardente, in migliaia hanno reso omaggio alle salme. Domani i funerali di Stato. A Kabul l'Isaf indaga: un'imboscata dopo il boato dell'esplosione

 

16:31 Appello di Alemanno ai romani: "Esponete il tricolore alle finestre"

Gianni Alemanno, sindaco di Roma, è stato uno dei primi a portare la propria solidarietà e la vicinanza della città ai familiari dei paracadutisti uccisi a Kabul all'apertura della camera ardente all'ospedale Celio. All'uscita Alemanno ha ribadito il suo invito ai cittadini di esporre il tricolore alle finestre proprio nel giorno dei funerali dei paracadutisti.

16:21 Bandiere a mezz'asta ovunque, ma non quella del Quirinale

Bandiera italiana a mezz'asta, già da oggi, in tutt'Italia su molti edifici pubblici per la morte dei ragazzi di Kabul, non sarà così però sulla sommità del palazzo del Quirinale. La ragione è contenuta nel cerimoniale del Palazzo, che il quale stabilisce che quella bandiera, per il suo alto significato simbolico, può essere abbassata a mezz'asta solo in caso di morte del presidente della Repubblica.

16:17 Camporini: "Lo scambio d'arma da fuoco è appurato"

"Lo scambio di colpi d'arma da fuoco sembra oramai appurato". E' quanto conferma il generale Vincenzo Camporini, capo di stato maggiore della Difesa. "Quello che si deve ancora capire - prosegue il generale - è se il mezzo esploso che ha causato questa tragedia si sia mosso o no dal parcheggio: questo fatto è ancora soggetto ad alcune verifiche". Per il resto, "abbiamo un team dei Ros che è stato inviato in loco per partecipare alle indagini".

 

16:10 Migliaia di persone nella camera ardente del Celio

E' stata aperta al pubblico poco prima delle 16 la camera ardente con le salme dei sei militari italiani rimasti uccisi nell'attentato in Afghanistan. A presidiare l'entrata dell'ospedale sono schierati dei militari. In fila si contano già un migliaio di persone in attesa di entrare. I parenti delle vittime sono entrati in precedenza insieme ai feretri. Via Claudia, la strada che costeggia il Celio è adornata con numerose bandiere dell'Italia, le stesse che sventolano centinaia di persone in fila per entrare.

16:00 Domani lutto nazionale e un minuto di silenzio in tutto il Paese

Bandiere a mezz'asta in tutti gli edifici pubblici, serrande abbassate, vetrine listate a lutto e un minuto di raccoglimento in tutte le scuole all'inizio della cerimonia funebre. Saranno domani i segni della giornata di lutto nazionale, proclamata dal Consiglio dei ministri - il terzo lutto nazionale dopo quelli per il terremoto in Abruzzo e la sciagura di Viareggio - in concomitanza con i funerali dei parà caduti a Kabul, che saranno celebrati a Roma, nella basilica di San Paolo. I network televisivi pubblici e privati hanno rivisto la propria programmazione e in diverse parti d'Italia sono state programmate iniziative diversificate per ricordare "gli eroi di Kabul".

15:57 Il capo dei talebani: "GLi stranieri se ne andranno,

li aspetta la disfatta, la situazione è a nostro favore"

Secondo i talebani, sia il presidente uscente afghano Hamid Karzai, sia il suo principale sfidante Abdullah Abdullah sono degli "assassini", con i quali i ribelli non intendono negoziare, ma che anzi vogliono "eliminare". "Abdullah è stato ministro di una amministrazione di assassini, Karzai ne è il leader. Noi li vogliamo eliminare entrambi", ha dichiarato un portavoce dei talebani, Yusuf Ahmadi. Secondo Ahmadi, "dopo le elezioni presidenziali del 20 agosto, la situazione è a noi favorevole in tutto il Paese, il governo cadrà quando le truppe straniere se ne andranno: avverrà molto presto, li aspetta la disfatta".

15:51 Fassino: "Campagna di aggressione di 'Libero' contro Napolitano"

"Ogni persona civile non può che essere vicina al presidente della Repubblica Napolitano per l'inaudita violenza con cui il quotidiano 'Libero' conduce una campagna di aggressione, che indica a quali bassezze si può giungere quando si è accecati dall'odio". Lo dice Piero Fassino, responsabile Esteri del Pd.

15:47 Ferrando (PCL): "Non sventoleremo il tricolore"

"Governo e partiti dominanti - dice Marco Ferrando, del Partito Comunista dei Lavoratori - avvolgono con la retorica tricolore i corpi dei militari uccisi dalla loro guerra, per rilanciare la guerra che li ha uccisi. Usano il dolore straziante delle loro famiglie, per preparare altri dolori e altri lutti. Non potendo più recitare la farsa della missione 'di pace' - ha aggiunto - nè confessare le vere ragioni coloniali della guerra Nato, governo e Pd si rifugiano nella più irrazionale intossicazione nazionalista, per tacitare ogni dissenso. Noi non sventoleremo il tricolore"

15:42 Comandante Italfor: "Se hanno sparato dopo l'esplosione

si è trattato di attacco complesso e sarebbe la prima volta"

"Se ci fosse stato uno scontro a fuoco dopo l'esplosione dell'autobomba si tratterebbe di un 'attacco complesso' in pieno centro di Kabul e sarebbe la prima volta che succede". Così il comandante del contingente italiano a Kabul, colonnello Aldo Zizzo, che commenta la dinamica dell'attacco. "Tutte le ipotesi - ha spiegato il colonnello - per ora sono al vaglio, l'unica cosa certa è che una macchina si è fatta esplodere al passaggio del nostro mezzo e non sembra che l'autobomba si sia frapposta tra i nostri due mezzi, ma si trovava sulla destra ed ha investito soltanto il primo mezzo".

15:37 Camporini: "Evitare che la popolazione

divida i militari tra buoni e cattivi"

Secondo il capo di stato maggiore della Difesa, generale Vincenzo Camporini è necessario che il comportamento delle truppe italiane sia uniformato a quello degli altri eserciti impegnati nella missione isaf in Afghanistan. "Nel momento in cui una coalizione si trova in missione internazionale - spiega - deve necessariamente avere uniformi, altrimenti la diversità verrebbe percepita dalla popolazione che finirebbe per suddividere le truppe in 'buoni e cattivi'. Alla fine anche il soldato si pone dei dubbi e in alcune situazioni ciò si può dimostrare letale".

15:32 Obama: "Seri interrogativi sull'elezione di Karzai"

Il sospetto di brogli sulle elezioni in Afghanistan pone "seri interrogativi" sull'elezione del presidente Hamid Karzai. Lo ha detto il presidente Barack Obama in una serie di interviste televisive. Sono interrogativi "seri" che verranno risolti nelle prossime settimane, ha detto Obama, e fino a quel momento il presidente americano non intende commentare l'esito del voto.

15:28 Anche i tifosi baresi espongono uno striscione in onore dei caduti

Anche gli ultrà del Bari hanno esposto sulla balconata della curva, all'inizio della gara con l'Atalanta, uno striscione per ricordare i sei paracadutisti italiani caduti in Afghanistan.

15:25 I sei feretri sono arrivati al Celio nella camera ardente

Il corteo funebre proveniente dall'Istituto di medicina legale è arrivato all'ospedale militare del Celio.

15:23 Lo striscione dei tifosi samdoriani nello stadio dei Marassi

"Profondo cordoglio per i ragazzi". Con questo striscione, esposto all'inizio della partita contro il Siena al centro della zona distinti, i tifosi della Sampdoria hanno voluto rendere omaggio ai soldati italiani morti in Afghanistan. Su tutti i campi della serie A è stato osservato un minuto di silenzio per le vittime italiane di Kabul.

15:19 Obama: "Prima di inviare altre truppe

ci vuole chiarezza strategica"

Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, vuole

aver chiara la strategia in Afghanistan prima di decidere se inviare rinforzi in quel teatro di guerra. "Non prendiamo decisioni sulle truppe finchè non avremo una strategia prontà", ha detto alla Abc in risposta al comandante in Afghanistan, generale Stanley McChrystal il quale avrebbe chiesto 40 mila militari da combattimento, sebbene il rapporto ufficiale non sia ancora stato presentato a Washington.

15:17 La Russa: "Se sarà necessario aumentare il contingente

sarà anche il caso di coinvolgere anche altro paesi"

La Nato può "prevedere, anzi imporre" una maggiore presenza del contingente internazionale in Afghanistan, "anche per sperare, con maggior controllo di territorio, di poter imboccare strada che favorisca il momento di chiusura della presenza internazionale" nel paese: lo afferma il ministro della difesa Ignazio La Russa, ma "questo non vuol dire che il maggior apporto debba essere italiano. Spero in un maggior coinvolgimento di altri paesi, che già oggi partecipano, i paesi non principali europei, che partecipano con un numero di militari inferiore al nostro".

15:12 L'autopsia: "Sono tutti morti sul colpo"

Sono morti a causa dell'esplosione, morti sul colpo. E' questa la convinzione del professor Paolo Arbarello, direttore dell'Istituto di Medicina legale che ha eseguito le autopsie dei sei paracadutisti italiani morti a Kabul. "Hanno tutti ferite politraumatiche - ha spiegato all'Agi Arbarello - causate dall'esplosione. Certamente sono morti sul colpo. Non c'è molto altro da dire".

15:11 Camporini: "Sono stati utilizzati da 140 a 300 kg di esplosivo"

La quantità di esplosivo usato per l'attentato contro i militari italiani in Afghanistan non è stata ancora stabilita con certezza: "attualmente abbiamo delle stime che variano in modo molto significativo, visto che si passa dai 140 ai 300 chili di esplosivo". Lo ha detto il capo di Stato maggiore della Difesa, Vincenzo Camporini. Il generale ha parlato di un esplosivo "fatto in casa", utilizzando "fertilizzanti, nitrato di ammonio, che può essere appunto impiegato per creare delle "bombe artigianali". Le indagini cercheranno di accertare "se ci fosse qualche componente di tipo militare" perchè in questo caso si potrebbe forse risalire alla "catena logistica".

14:59 Comandante Italfor: "Non siamo stati noi italiani l'obiettivo"

Una macchina "si è fatta esplodere al Passaggio della mia squadra" e l'esplosione è stata "devastante": così il comandante di Italfor, il colonnello Aldo Zizzo, ricostruisce l'attacco al convoglio italiano costata la vita a sei militari della folgore. "Non siamo stati noi, come italiani, l'obiettivo", precisa Zizzo, "Siamo stati l'obiettivo di opportunità: era il primo mezzo dell'Isaf che è passato e la macchina si è fatta esplodere".

14:53 I carri funebri verso l'ospedale del Celio per la camera ardente

Finita l'autopsia, i carri funebri con le salme dei sei paracadutisti uccisi, hanno lasciato l'istituto di medicina legale e si avviano verso il Celio dove verrà allestita la camera ardente. Diverse decine di persone sono in attesa con bandiere tricolori e mazzi di fiori per rendere l'ultimo omaggio ai parà della Folgore.

14:51 Musulmani a Roma pregano per le vittime di Kabul

Centinaia di musulmani hanno pregato a Roma in piazza Vittorio, cuore del rione Esquilino, il più multietnico della Capitale, nel loro primo giorno di festa dopo la fine del mese sacro del Ramadan, ricordando anche "le vittime delle guerre, che andranno tutte in paradiso". "Abbiamo voluto ricordare i sei militari italiani morti a Kabul, ma anche gli altri civili afgani colpiti dall'attentato e tutte le vittime delle guerre", ha detto Bachcu, esponente dell'associazione 'Dhuumcaatu', che ha organizzato la preghiera.

I musulmani, in maggioranza bengalesi, hanno pregato inginocchiandosi sui marciapiedi della piazza.

14:49 Camporini: "L'aumento delle truppe non significa escalation militare"

Il generale Vincenzo Camporini, capo di Stato maggiore della difesa, intervistato da Lucia Annunziata alla trasmissione "in 1/2 ora" (Raitre) afferma che lo scopo della missione in Afghanistan è il controllo del territorio e la ricostruzione del paese. Cose per cui è necessaria una grande quantità di personale sul territorio. Così giustifica il fatto che l'Amministrazione Obama abbia raddoppiato le truppe, circa 68mila, rispetto all'anno scorso, anno in cui ancora il presidente usa era ancora Bush. Secondo Camporini l'aumento di truppe non significa un'escalation militare: "lo scopo della missione è sempre il controllo del territorio, che si fa avendo una quantità di personale sul terreno che possa garantire una presenza capillare per quanto possibile".

 

14:14 Ai funerali di Stato anche i genitori di Alessandro Di Lisio

Anche i genitori di Alessandro Di Lisio, il paracadutista molisano morto a Farah il 14 luglio scorso, sono da stamattina a Roma per rendere onore ai sei militari della Folgore. Nunzio e Dora Di Lisio sono partiti questa mattina alla volta della capitale dove, ad attenderli, c'era uno psicologo dell'Esercito Italiano.

Dopo una visita alla camera ardente, domani, il padre e la madre del giovane militare prenderanno parte ai funerali di Stato.

14:01 Domani giornata di pace: nessuna operazione anti-talebani

Le forze afghane e straniere sospenderanno domani le operazioni contro i talebani in occasione della Giornata internazionale della pace. Lo ha reso noto oggi il ministero della difesa afghano, confermando quanto annunciato nei giorni scorsi dal generale americano Stanley McChrystal, comandante della Forza internazionale in Afghanistan (Isaf) a guida Nato.

Il ministro afghano, Abdul Rahim Wardak: "Il popolo dell'Afghanistan è più avido di pace rispetto a chiunque altro. Ha vissuto decenni di guerra e ora vuole la pace". Secondo alcune fonti, anche i talebani hanno annunciato che domani si asterranno da qualsiasi attacco, ma le forze internazionali in Afghanistan dubitano che rispetteranno tale impegno.

13:54 Aumenta la folla davanti al Celio in attesa della camera ardente

Sono già alcune decine le persone in attesa davanti al cancello dell'ospedale militare del Celio dell'apertura della camera ardente per i sei paracadutisti uccisi a Kabul. Applausi scroscianti hanno accompagnato l'ingresso di una cinquantina di paracadutisti del 186esimo di Siena, quelli che faranno il picchetto d'onore, lo stesso reparto a cui appartenevano tre dei paracadutisti che hanno perso la vita nell'attentato.

13:49 In partenza la Brigata Sassari che sostituirà la Folgore

Nel giorno del lutto nazionale per i funerali di Stato, una semplice cerimonia saluterà i militari della Brigata Sassari in partenza per l'Afghanistan, domani mattina alle 10.30. La Brigata Sassari sostituirà la Folgore nell'ambito dell'operazione Isaf (International security assistance force), che dal 2001 opera in Afghanistan affiancando le forze locali per riportare la pace nel Paese.

13:42 Di Pietro: "Pronto ad appoggiare il governo sul ritiro da Kabul"

Antonio Di Pietro, leader dell'Idv, si dice "disponibile ad appoggiare chi, anche nel governo, vuole ripensare la nostra presenza" in Afghanistan. Ma quel che più conta è che "da martedì, dopo i funerali dei nostri militari, si apra in Parlamento un grande dibattito sulla questione Afghanistan, perchè lì la situazione è diversa da come ce la raccontano: dicono che siamo in missione di pace, ma lì c'è una guerra civile, dove due fazioni combattono l'una contro l'altra".

 

13:29 D'Antoni: "Le vittime ci ricordano che l'Italia è indivisibile"

"Rendiamo onore agli italiani che hanno pagato il più alto tributo giurando sulla bandiera". E' quanto afferma Sergio D'Antoni, responsabile Mezzogiorno del Pd. "Il cordoglio generale non allevia certo il dolore dei famigliari. Tuttavia, - continua D'Antoni - seppure drammaticamente, riavvicina una nazione ai suoi valori fondanti. Quanti tentano di dividere il Paese e di farne un luogo frammentato si ricordino che l'Italia è una e indivisibile. Per capirlo è sufficiente guardare i luoghi di nascita dei nostri sei parà".

13:26 Frattini: "Gli alleati più impegnati per una ricostruzione civile"

In Afghanistan gli Alleati devono impegnarsi di più per la ricostruzione civile. E' questa la richiesta dell'Italia, ha detto il ministro degli Esteri Franco Frattini intervistato dal Tg2 nel giorno del rientro in patria delle salme dei sei paracadutisti vittime della strage di Kabul. Quello che chiediamo - ha detto il ministro - è "una maggiore condivisione delle responsabilità e una maggiore forza e impulso alla ricostruzione civile rispetto alla parte solamente militare".

13:14 Il conflitto a fuoco subito dopo l'esplosione dell'autobomba

Un conflitto a fuoco, della durata di circa un minuto, nel quale sono stati coinvolti i quattro militari superstiti subito dopo l'esplosione dell'autobomba: a questa sparatoria si farebbe riferimento in un'informativa redatta dagli investigatori che indagano sulla strage degli italiani a Kabul. Nell'informativa, secondo quanto si è appreso, si farebbe riferimento, in particolare, al comportamento dei quattro militari che si trovavano sul secondo blindato 'Lince' che, dopo l'esplosione dell'autobomba, sarebbero scesi ed avrebbero risposto al fuoco. Questo primo rapporto è attualmente all'esame dei magistrati della Procura di Roma che indagano sulla vicenda, il procuratore aggiunto Pietro Saviotti ed il sostituto Giancarlo Amato.

13:06 A Bari, la funzione religiosa nel Sagrato dei Caduti d'Oltremare

A Bari, nella cappella del Sacrario Militare dei Caduti d'Oltremare, si svolgerà domani una funzione religiosa in suffragio dei militari italiani caduti in Afghanistan il 17 settembre scorso. La S. Messa sarà celebrata quasi in contemporanea con i funerali di Stato che si svolgeranno a Roma. A Bari il rito religioso sarà officiato da mons.Sabino Scarcelli. Parteciperanno rappresentanti delle istituzioni civili, religiose, militari, una rappresentanza interforze del Presidio militare di Bari e le Associazioni combattentistiche e d'arma.

12:53 Le autopsie: è l'autobomba la causa delle morti

Sono in corso, nell'istituto di medicina legale dell'Università "La Sapienza", diretto da Giancarlo Arbarello, le autopsie sui cadaveri dei sei militari della Folgore uccisi nell'attentato compiuto alcuni giorni fa a Kabul e rivendicato dai talebani. L'accertamento consiste in un esame esterno delle salme, poichè la dinamica dell'agguato non lascia dubbi sulle cause dei decessi: i sei parà sono morti per l'esplosione provocata dall'autobombba. Nel pomeriggio, terminati gli esami medico-legali, le salme saranno portate nell'ospedale militare del Celio dove è allestita la camera ardente.

12:51 Piccola folla davanti al Celio, in attesa della camera ardente

Una piccola folla, tra bandiere tricolori e ombrelli aperti per la pioggia, attende di fronte all'ospedale del Celio l'apertura della camera ardente dei sei militari della folgore uccisi in afghanistan.

Il trasferimento nell'ospedale militare, dopo le procedure previste dalla Procura della Repubblica all'Istituto di medicina legale, è previsto nel tardo pomeriggio.

 

12:44 I medici del Celio: "I feriti stanno bene"

"Sono tutti in buone condizioni, tranquilli. Hanno viaggiato assistiti da una nostra equipe medica, il viaggio è stato confortevole e non c'è stato alcun problema". Lo ha detto il colonnello medico Roberto Bramati, capo dipartimento emergenza del Celio, parlando delle condizioni dei quattro militari italiani rimasti feriti nell'attentato di giovedì scorso a Kabul, giunti la scorsa notte in Italia e ora ricoverati nel policlinico militare di Roma. Tutti e quattro - il primo maresciallo dell'Aeronautica Felice Calandriello e i primi caporalmaggiori della Folgore, Rocco Leo, Sergio Agostinelli e Ferdinando Buono - hanno "un disturbo da stress post traumatico, ma niente di particolare.

12:32 Domattina la messa in onore dei sei parà uccisi a Kabul

Sarà monsignor Vicenzo Pelvi, l'arcivescovo Ordinario militare per l'Italia, a celebrare domani mattina alle 11 la messa nella basilica di San Paolo Fuori le Mura per i sei soldati italiani rimasti uccisi a Kabul

12:12 Benedetto XVI: "Promuovere la pace e lo sviluppo delle istituzioni"

Papa Benedetto XVI, tornando ad esprimere il proprio "profondo dolore" per i soldati morti in Afghanistan, ha sottolineato come siano "Fatti a cui mai possiamo abituarci e che suscitano profonda riprovazione, nonchè sconcerto nelle società che hanno a cuore il bene della pace e della civile convivenza". Ed ha aggiunto che i militari italiani e degli altri contingenti internazionali "operano per promuovere la pace e lo sviluppo delle istituzioni, così necessarie alla coesistenza umana". Ratzinger - durante l'Angelus a Castelgandolfo - ha rinnovato il suo incoraggiamento "alla promozione della solidarietà tra le nazioni per contrastare la logica della violenza e della morte, favorire la giustizia, la riconciliazione, la pace e sostenere lo sviluppo tra i popoli".

12:03 Camporini: "Ora di piange, ma bisogna continuare a lavorare"

"Le forze armate conoscono i rischi che si corrono, piangendo quando bisogna piangere ma sapendo che mentre si piange bisogna continuare a lavorare. E noi rimaniamo vicini alle famiglie". E' quanto tiene a sottolineare il generale Vincenzo Camporini, capo di stato maggiore della Difesa, "ai familiari che avvertono la necessità di un contatto, un supporto, un aiuto. Le famiglie non esitino a chiedere personalmente anche a me".

11:55 L'appello di pace di Karzai ai "fratelli afghani"

Il presidente uscente dell'afghanistan, Hamid karzai, ha lanciato oggi un appello alla pace in occasione dell'inizio delle celebrazioni dell'aid el-fitr, che segna la fine del mese di digiuno per il ramadan. "Ancora una volta, invito tutti i fratelli afgani in collera o quelli in mani avverse a cessare i combattimenti, a mettere fine alla distruzione del loro paese e alle uccisioni di loro compatrioti", ha dichiarato karzai.

11:45 Gli afghani arrestati negli Usa: "avevano le foto

della stazione ferroviaria centrale di New York"

Secondo le indagini dell'Fbi, il giovane Zazi si è recato a Peshawar in Pakistan nell'agosto 2008 ed è tornato negli Stati Uniti in gennaio. In settembre ha affittato un'auto e dal Colorado si è diretto a New York. L'11 settembre l'Fbi ha perquisito la macchina a nolo e ha trovato un laptop con la copia fotografica di note scritte a mano con istruzioni per la fabbricazione di esplosive. La calligrafia sarebbe proprio quella del giovane afghano. Zazi aveva anche un video della stazione ferroviaria centrale di New York. Zazi è stato interrogato tre volte dall'Fbi e avrebbe detto di aver partecipato ad un corso di addestramento di al Qaeda in un'area tribale pachistana. L'uomo aveva però dichiarato ieri al quotidiano Denver Post di non aver mai ammesso legami con la rete terrorista. Al giornale ha detto che era andato a Peshawar solo per vedere la moglie e che era rimasto tutto il tempo con lei.

11:41 Tre afghani arrestati dall'FBI a Denver

e a New York: "organizzavano attentati"

Tre afghani sono stati arrestati a Denver e a New York in relazione ad un presunto complotto per perpetrare attentati negli Stati Uniti. I tre uomini sono accusati di aver rilasciato all'Fbi false dichiarazioni rispetto "ad una questione concernente terrorismo internazionale ed interno", ha reso noto il dipartimento americano della Giustizia. L'inchiesta coinvolge diverse persone negli Stati uniti, in Pakistan e altrove.

Il presunto complotto terrorista potrebbe riguardare una stazione ferroviaria o della metropolitana nell'area di New York, affermano fonti vicine alle indagini citate dalla Cnn. Gli arrestati sono Najibullah Zazi, 24 anni, conducente di una compagnia di limousine che opera all'aeroporto di Denver, suo padre Mohammed Whali, Zazi, 53 anni, e un loro amico di New york, Ahmad Wais Afzali, 37 anni.

11:36 La commozione del presidente del Senato Schifani

"I valorosi caduti di Kabul suscitano in tutti noi un moto di commozione e di vicinanza alle famiglie, all'Esercito e alle Forze Armate tutte, ma ci fanno anche sentire l'orgoglio di appartenere a un grande Paese, impegnato in prima linea a diffondere nel mondo la pace e la democrazia". E' quanto si legge nel messaggio che il Presidente del Senato, Renato Schifani, ha inviato al Generale Enzo Dal Pozzo, Presidente dell'Associazione Nazionale Carristi, in occasione dell'82mo raduno nazionale della specialità dei Carristi, che si tiene in questi giorni a Bibione.

11:32 D'alema: "La missione torni ad essere dell'Onu, non della Nato"

La missione militare in Afghanistan deve essere "corretta", dice l'ex ministro degli Esteri, Massimo D'Alema, e restituita al senso proprio di missione decisa "della comunità internazionale, decisa dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, non dalla Nato". Ma per superare la situazione di conflitto è importante mostrare alla popolazione i vantaggi della democrazia". E prosegue: "Investire di più sulle opportunità di crescita. Purtroppo - ha spiegato D'Alema - la leadership di Karzai è messa in discussione e quindi bisogna aprire a tutti quelli che sono disponibili ad abbandonare la logica delle armi e a scegliere quella dl negoziato". Alla domanda sulla posizione della Lega che non chiede più il ritiro dall'Afghanistan ma lo invoca dal Libano e dal Kosovo, D'Alema ha replicato che gli esponenti della Lega "non amano l'Italia, ritengono di rappresentare la Padania. Il problema è se vogliamo che l'Italia continui a essere un paese importante o vogliamo andare in serie B".

11:19 Camporesi: "L'imboscata non contro gli italiani, ma contro la coalizione"

"L'imboscata era contro la coalizione, io non credo che stessero mirando una bandiera in particolare". Così il capo di Stato maggiore della Difesa, Vincenzo Camporini, risponde ai giornalisti che gli chiedono se l'attentato in cui hanno perso la vita sei parà della Folgore fosse diretto in modo specifico contro i militari italiani. "Credo che l'ostilità di questi gruppi di insorti - aggiunge il generale - è contro la presenza internazionale e non contro quella di singoli Paesi".

11:17 Il generale Camporesi non si sbilancia sulla dinemica dell'agguato

Il generale Vincenzo Camporini, capo di Stato maggiore della Difesa, non si sbilancia sulla dinamica dell'attentato in cui giovedì scorso sono stati uccisi a Kabul sei paracadutisti italiani e sulla presunta sparatoria che avrebbe fatto seguito all'esplosione dice: "preferisco non fare illazioni e aspettare i risultati dell'indagine in corso". Ma i militari italiani hanno sparato? Gli è stato chiesto. La risposta: "Aspettiamo. La verità a spizzichi e bocconi non serve a nessuno".

"Noi abbiamo un team di carabinieri del Ros - spiega Camporini - che sta collaborando a queste indagini in loco, ascoltando tutti quelli che devono essere ascoltati e raccogliendo tutte le evidenze che esistono. Preferisco - ripete - non fare illazioni". (ANSA).

11:14 Il capo di Stato Maggiore della Difesa: "Non c'è motivo di cambiare missione"

Il generale Vincenzo Camporini, capo di Stato Maggiore della Difesa, dice che "Non c'è motivo per cambiare missione". E aggiunge: "Aspettiamo, la verità a spizzichi e bocconi non serve a nessuno", riferendosi all'inchiesta che è stata aperta dopo la morte dei sei parà della folgore a Kabul e sulla dinamica dell'attentato. "Noi abbiamo un team del ros che sta collaborando a queste indagini in loco - ha detto all'aeroporto militare di Ciampino, dove sono rientrate questa mattina le salme dei sei militari - preferirei non fare illazioni e attendere i risultati delle indagini". Quanto ai rischi che, quotidianamente, corrono i militari italiani in missione in afghanista, camporini ha specificato che "l'istituzione è al servizio del paese, lo fa con consapevolezza e passione, sapendo i rischi che si corrono, piangendo quando bisogna piangere. La situazione sul terreno è nota ed è all'attenzione del nuovo comandante della missione isaf".

 

10:55 Kabul: arrivano 700 nuovi agenti della Cia

Mentre si dibatte se aumentare la presenza militare americana in Afghanistan, la Cia ha già inziato a dispiegare spie, analisti e agenti operativi paramilitari per trasformare la sua stazione in questo paese in una delle più grandi nella storia della Central Intelligence Agency. Lo scrive il Los Angeles Times, spiegando che quando il dispiegamento sarà completato la presenza della Cia in Afghanistan rivaleggerà con quella delle grandi stazioni in Iraq e Vietnam al culmine di quelle guerre. I numeri esatti sono riservati, ma una fonte ha confidato al giornale che al momento vi sono già 700 agenti della Cia in Afghanistan. Gli agenti verranno assegnati a diversi compiti: partecipano alla caccia ai principali ricercati assieme alle forze speciali, s'informano sui sentimenti dell'opinione pubblica afghana, raccolgono informazioni sulla corruzione in seno al governo. L'obiettivo è contrastare una serie di sviluppi negativi, come il raddoppio degli ordigni sul ciglio della strada. Ma vi sono anche prove che i talebani addestrino attentatori suicidi che vengono anche usati da altre organizzazioni e vi è allarme per tattiche più sofisticate di attacchi suicidi, combinati con assalti.

10:44 Il piccolo Simone che indica la bara del papà

E' stata probabilmente l'immagine più commovente della cerimonia in onore dei sei militari caduti a Kabul tenutasi stamani a Ciampino. Quel bimbo, Simone, il figlio del sergente maggiore capo Roberto Valente, che in braccio alla mamma indossava il basco rosso dei parà e indicava con la manina la bara del papà che non rivedrà più, ha colpito tutti, dal capo dello Stato Napolitano alle autorità civili e militari. La mamma, abbracciata da una psicologa dell'esercito, lo ha tenuto in braccio per tutta la cerimonia. Al termine del picchetto d'onore la vedova e il piccolo sono sfilati dietro le bare per l'estremo saluto al papà che non rivedranno più.

10:26 Rosa Calipari: "Serve unità e lucidità politica"

In Italia serve "condivisione e unità, oggi; lucidità politica e capacità di analizzare e porre i problemi alla luce dei tragici eventi, domani. Sempre che esista il coraggio della verità". Lo scrive Rosa Calipari, capogruppo del Pd in commissione Difesa, in una lettera pubblicata dal Corriere della Sera. "Non tocca a loro", ai familiari dei caduti, "essere lucidi. E' invece un dovere che dovremmo sentire noi tutti. Uniti come italiani, solidali come comunità ai genitori, alle compagne, ai figli", afferma la vedova dell'agente del Sismi Nicola Calipari. "Tutto il resto è pornografia del dolore e retorica che svilisce i valori".

10:08 Il mesto corteo lascia l'aeroporto di Ciampino

Un mesto corteo funebre accompagna le sei bare avvolte nel Tricolore con le salme dei militari vittime dell'attentato a Kabul. In testa i numerosi familiari dei sei paracadutisti, giunti dalle varie parti d'Italia. Dietro loro, le massime autorità istituzionali, civili e militari, con in testa il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Le salme sarano portate all'Istituto di Medicina Legale dove verranno effettuate le autopsie. Da lì, verranno poi portate all'Ospedale Militare del Celio, dove sarà aperta la camera ardente.

 

10:06 Cossiga: "Polemiche infondate su Napolitano"

In una intervista a 'Libero', il presidente emerito Francesco Cossiga parla della polemica sul supposto ritardo nel rientro delle salme dei caduti di Kabul per attendere il rientro dal Giappone del capo dello Stato. "Napolitano non si lascia influenzare. Si sarà sentito con qualcuno, consultato, ma la decisione l'ha presa lui. Ci sono voci che parlano di un eventuale intervento che avrebbe ritardato la partenza delle salme da Kabul sarebbe stato opera del suo consigliere militare, l'onnipresente Mosca Moschini", dice Cossiga. Il presidente emerito della Repubblica parla anche di "un pò di malumore tra i militari", "l'accusa è di avere mandato questi ragazzi senza i necessari equipaggiamenti e con le regole d'ingaggio assolutamente inadeguate". Cossiga chiede: "Sarkozy, Obama, la regina d'Inghilterra sarebbero tornati? No. Se Obama, con tutti i morti che hanno le forze americane, si dovesse far condizionare da questi tristi eventi non viaggerebbe più".

10:02 Un applauso discreto ha accompagnato i feretri ai carri funebri

Un applauso discreto ha accompagnato le salme dei sei paracadutisti uccisi a Kabul fino ai carri funebri che li trasporteranno all'Istituto di medicina legale. Le bare, portate a spalla da sei paracadutisti erano seguite da un militare con un cuscino con sopra il basco amaranto, le varie decorazioni.

10:01 La folta rappresentanza di berretti amaranto

E' folta la rappresentanza dei berretti amaranto della Folgore all'aeroporto di Ciampino per rendere omaggio ai feretri dei sei compagni arrivati da Kabul. Tra di loro, il sergente maggiore Gianluca Spina, tornato solo una settimana fa da Kabul.

"Ero molto amico - racconta Spina - del capitano Antonio Fortunato. Lui è un eroe, morto per la Patria, ha dato la vita per qualcosa in cui credeva, è morto per tutti gli italiani".

Ora, aggiunge, "andremo avanti nel nostro lavoro con ancora maggiore convinzione, per rendere onore al suo ricordo".

 

09:59 La benedizione dell'Ordinario militare, monsignor Pelvi

L'Ordinario militare per l'Italia, monsignor Vincenzo Pelvi, ha benedetto le salme dei sei parà italiani uccisi giovedì scorso in Afghanistan: è stato questo il primo atto delle breve cerimonia che è in corso a Ciampino. Dopo l'omaggio del capo dello Stato, è stato intonato il Silenzio e il picchetto schierato a Ciampino ha reso onore ai caduti.

09:57 La diretta della Cnn sulle esequie dei sei parà

La Cnn sta seguendo in diretta l'arrivo a Ciampino delle salme dei sei soldati italiani rimasti uccisi in Afghanistan. La diretta, fra le "breaking news" dell'emittente via cavo e satellitare riferisce anche dell'ampio cordoglio nel paese e del dibattito sulla missione militare nel paese asiatico. La notizia dell'arrivo a Roma delle bare dei parà della Folgore compare anche sul sito della Bbc.

09:54 La mano del Presidente Napolitano sulle bare dei caduti

Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha reso omaggio alle salme dei sei parà uccisi a Kabul. Su ciascuna bara il presidente ha poggiato la mano destra, inchinandosi e intrattenendosi per alcuni istanti di raccoglimento

09:52 Commozione per il figlio piccolo del sergente Valente con il basco del padre

Un picchetto d'onore interforce ha reso omaggio alle bare dei sei paracadutisti, del capitano Antonio Fortunato, del sergente maggiore Roberto Valente, del caporalmaggiore capo Massimiliano Randino, del caporalmaggiore scelto Matteo Mureddu, del caporalmaggiore scelto Giandomenico Pistonami e del caporalmaggiore scelto Davide Recchiuto. Naturalmente, oltre alle tante autorità all'aeroporto sono giunti numerosi parenti. Le bare sono state portate a spalla dai commilitoni dei paracadutisti. Eidente la commozione generale, resa ancor più profonda da una immagine: il figlio piccolo del sergente Valente - Simone, due anni appena compiuti - in braccio alla madre, con in testa il basco amaranto dei paracadutisti. Poco distante sei carri funebri per trasferire le bare all'Istituto di medicina legale dove saranno sottoposte all'autopsia.

09:49 Portati a spalla dai commilitoni

All'interno del C-130 dell'Aeronautica sono entrati i paracadutisti che, a spalla, hano trasportato le sei bare fino ai carri funebri, che sono parcheggiati in un angolo della pista.

I feretri passeranno davanti ad un picchetto della Folgore ed ad una formazione interforze di cui fanno parte militari di tutte le Forze armate, crocerossine, appartenenti alle forze di polizia. Sul lato opposto i parenti, le Autorità - con in testa il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano - e i vertici militari. Presenti anche due Alti ufficiali afghani, frequentatori di corsi in Italia.

09:47 Gli onori militari ai sei feretri

I feriti dei sei parà, avvolti nel tricolore, sono stati sbarcati dal C-130 e sono ora sulla pista dell'aeroporto di Ciampino dove vengono resi loro gli onori militari.

09:40 Il comandante della Folgore: "Subiamo un attacco al giorno"

Contro gli italiani in afghanistan "i Talebani hanno sferrato un attacco al giorno": a svelare ciò che doveva rimanere un segreto - "certe notizie è bene tenerle riservate" - è il comandante della folgore e responsabile del regional command west Herat, Rosario Castellano, in un colloquio con il quotidiano La Stampa. Il generale ha precisato che i militari si sono "sempre difesi" e "nel 99 per cento dei casi gli aggressori hanno subito perdite". "In un mese abbiamo disinnescato dieci bombe evitando altre stragi", ha commentato. Ma "ovviamente non stiamo lì a dare conto di tutto quello che succede", ha aggiunto castellano, ammettendo che la presenza dei militari italiani per le strade afgane "dà molto fastidio".

 

09:34 E' appena atterrato l'aereo con le sei salme

E' appena atterrato all'aeroporto di Ciampino il C-130 dell'Aeronautica militare con a bordo le salme dei sei paracadutisti della Folgore uccisi nell'attentato di giovedì scorso a Kabul. L'aereo che ha trasportato in Italia i feretri dei militari - il capitano Antonio Fortunato, il sergente maggiore Roberto Valente, il caporal maggiore capo Massimiliano Randino e i caporal maggiori scelti Davide Ricchiuto, Giandomenico Pistonani e Matteo Mureddu - era decollato ieri pomeriggio dalla capitale afgana.

09:33 Il Presidente Napolitano è arrivato a Ciampino

Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è giunto all'aeroporto di Ciampino dove tra breve atterrerà il C-130 dell'Aeronautica militari con a bordo le salme dei sei parà uccisi nell'attentato di giovedì scorso a Kabul.

09:24 Il Presidente della Repubblica si dirige verso Ciampino

Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha lasciato da alcuni minuti il palazzo del Quirinale per raggiungere l'aeroporto di Ciampino dove intorno alle 9.30 è previsto l'arrivo del C-130 dell'Aeronautica militari con a bordo le salme dei sei parà uccisi nell'attentato di giovedì scorso a Kabul

09:23 La Russa: "Non siamo lì a fare strade e ospedali..."

"La nostra presenza sul territorio afghano non è limitata alla ricostruzione di strade e ospedali, altrimenti avremmo mandato la Protezione civile. I militari non sono lì per fare i muratori: sono un esercito che devo portare la pace ma deve anche poter usare la forza giusta, e l'ha fatto più volte, anche durante il governo Prodi". Così il ministro della Difesa Ignazio La Russa, che in un'intervista al Corriere della Sera.

09:10 Pronto il picchetto d'onore a Ciampino

Un picchetto di paracadutisti della Folgore si sta schierando sulla pista dell'aeroporto militare di Ciampino dove, tra poco, è previsto l'arrivo del C-130 dell'Aeronautica con a bordo i feretri dei sei parà uccisi nell'attentato di giovedì scorso a Kabul.

Numerosi i giornalisti, i fotografi e i cameramen, che sono stati sistemati in una apposita area dello scalo. Già arrivati alcuni dei vertici militari, mentre poco prima delle 9:30, orario previsto dell'arrivo del C-130 dall'Afghanistan, raggiungerà Ciampino anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Insieme a lui, le più alte cariche dello Stato.

A Roma sono arrivati già da ieri i parenti dei sei paracadutisti della Folgori che hanno perso la vita a Kabul: il capitano Antonio Fortunato, il sergente maggiore Roberto Valente, il caporal maggiore capo Massimiliano Randino e i caporal maggiori scelti Davide Ricchiuto, Giandomenico Pistonani e Matteo Mureddu.

09:08 Il presidente afghano Karzai rinnova le condoglianze

 

Il presidente afghano, Hamid Karzai, ha rinnovato oggi le sue condoglianze alle vittime del recente attentato a Kabul in cui sono morti sei militari italiani e nello stesso tempo ha rivolto un invito ai talebani a deporre le armi e a "tornare nelle loro case".

09:00 Inchiesta sulla trappola ai parà

L'intelligence militare al lavoro su un'imboscata dei talebani ai mezzi colpiti dalla bomba a Kabul. Sparatoria sui soldati superstiti che poi hanno reagito al fuoco. I testimoni: "Tre minuti di terrore"

 

 

 

 

 

 

Come e perché

restare a Kabul

di EUGENIO SCALFARI

Dopo i giorni del dolore per i sei ragazzi della Folgore uccisi a Kabul dai terroristi talebani e i quattro feriti, arriva il momento della riflessione politica sulla situazione in Afghanistan e in tutta l'Asia di mezzo dove convivono con rapporti squilibrati l'India, il Pakistan, l'Iran, la Russia e le Repubbliche nate dalla dissoluzione dell'Urss, la Turchia, i curdi, l'Iraq, Israele, il Libano, la Siria, l'Egitto, l'Arabia Saudita, la Libia.

È una fetta di mondo piena di petrolio, di gas e di molte altre ricchezze naturali; la cerniera di raccordo geopolitico tra l'Europa e l'Asia orientale ed è anche lo spazio dove le tensioni politiche hanno raggiunto il culmine, dove il terrorismo internazionale ha i suoi santuari, dove la violenza impera esplodendo in guerre locali con altissima pericolosità. Bernardo Valli, Federico Rampini, Guido Rampoldi e Lucio Caracciolo hanno chiaramente delineato nei giorni scorsi questo inquietante scenario che non manca di riflettersi sulla politica di ciascun paese europeo e soprattutto in quella della potenza mondiale cui spetta la leadership dell'Occidente e le connesse responsabilità.

Quanto all'Italia, siamo uno degli Stati fondatori dell'Unione europea, membro della Nato fin dalla sua fondazione. Le tensioni che agitano l'Asia di mezzo si riflettono quindi anche su di noi, preoccupano il governo, coinvolgono la pubblica opinione.

E questo è tanto più vero nel momento in cui le bare avvolte nel tricolore tornano in patria con il loro carico di vite spezzate, di dolore, di lacrime e di dignitosa fierezza, come già avvenne ai tempi di Nassiriya che sembrano lontani ma avvennero in circostanze analoghe e a causa di quelle stesse tensioni che hanno armato la bomba di Kabul.

Otto anni sono passati da l'11 settembre delle Torri Gemelle. Nuovi lutti si sono accumulati. Nessun problema è stato risolto. Un tempo si morì per Danzica. Oggi si deve morire per Karzai?

* * *

A leggere i commenti di queste ore parrebbe che il tema da chiarire per il nostro governo, per l'opinione pubblica e per i nostri soldati in missione in Afghanistan sia di natura lessicale: la nostra è una missione di pace oppure di guerra? Bisogna sciogliere questo dilemma per poi decidere il da fare. Così scrivono i giornali e così pensano molti politici. Ma è un errore. Viene consapevolmente usato per guadagnar tempo. Poiché non esiste una ricetta miracolosa per uscire dalla trappola afgana e poiché l'umore popolare tende al brutto, si solleva un problema che non esiste se non come diversivo.

Che cosa c'è da chiarire che non sia chiarissimo fin dall'inizio? Smantellato otto anni fa a suon di bombe il regime talebano dell'emiro Omar e del suo ispiratore Bin Laden, gli Stati Uniti decisero di restare in Afghanistan insieme ad un contingente di truppe Nato con due distinte ma convergenti missioni militari. Quella americana denominata "Enduring Freedom" (rafforzare la libertà) e quella Nato chiamata "Peace Keeping", mantenere la pace. Anche qui un rebus lessicale per nascondere un diverso ruolo militare e politico.

Col passar del tempo però la realtà ha chiarito il rebus lessicale: le truppe Usa e Nato hanno lo stesso compito di combattere i terroristi e aiutare i civili a rientrare nella normalità della vita quotidiana. Una duplice missione di guerra e di pace. Che cosa c'è da chiarire? Quando si inviano forze militari in un paese con il compito di mantenere la pace, ciò significa che la pace non c'è. A nessuno verrebbe in mente di spedire militari a presidiare la pace in Svizzera.

In Afghanistan c'è una guerra. Asimmetrica. Contro il terrorismo. Noi usiamo i carri armati, i blindati, gli aerei. Loro le mine, la guerriglia, i kamikaze. Loro si muovono e tendono imboscate. Noi pattugliamo ad occhi aperti e nervi tesi. Portiamo cibo, aiuti, occasioni di lavoro, ospedali alla popolazione civile, con una mano sulla mitragliatrice. Aspettiamo sperando che la trappola quel giorno non scatti. Che quel giorno il kamikaze non si faccia esplodere. Bernardo Valli ha ricordato il "deserto dei tartari". È esattamente ciò che avviene in Afghanistan ed anche a Islamabad e dintorni, a Bagdad e dintorni, a Beirut e dintorni, a Tel Aviv e dintorni. In tutta l'area del Medio Oriente. E dintorni.

Perciò non c'è niente da chiarire. Si tratta di questo.

* * *

Tutt'al più, dicono al ministero della Difesa, si potranno cambiare le regole di ingaggio. Altra trappola lessicale, utile a confondere le menti e sviarle dal tema principale.

Anzitutto non ci sono regole d'ingaggio italiane ma regole Nato alle quali ciascun contingente militare deve conformarsi e che possono essere cambiate soltanto con una decisione della Nato. Ma, competenze istituzionali a parte, non c'è nessuna regola da cambiare: in una guerra asimmetrica tra forze militari regolari e terroristi, i terroristi hanno l'iniziativa, le forze regolari reagiscono. Che altro si può fare?

Le SS e la Wehrmacht durante l'ultima guerra avevano regole d'ingaggio (chiamiamole impropriamente così) che prevedevano la rappresaglia. In via Rasella a Roma, dopo l'attentato, furono uccisi alle Fosse Ardeatine i prigionieri ebrei e antifascisti che con l'attentato non avevano nulla a che vedere. Rappresaglia pura e semplice. Interi paesi furono devastati sull'Appennino emiliano, in Val d'Ossola, sulle montagne piemontesi e liguri, perché avevano ospitato partigiani e disertori.

In Afghanistan accade che molti civili vengano uccisi da bombardamenti mirati a colpire covi di terroristi. E' un fatto grave, che accresce la sfiducia e la tensione ed infatti i comandi militari Usa e Nato si scusano per quegli errori. Ma non si tratta di rappresaglia.

Vogliamo cambiare le regole d'ingaggio e introdurre il concetto di rappresaglia? Contro chi? Possiamo farlo? L'Occidente democratico può adottare norme di questo genere?

Basta porre la domanda per conoscere la risposta. Ma al di là della rappresaglia che altro si può escogitare per render più efficaci le regole d'ingaggio? Dobbiamo reagire quando ci attaccano, cioè quando il nemico si manifesta e viene allo scoperto. E che altro si può fare se non questo? Senza dire che quando il nemico è un kamikaze, ci ha già pensato lui ad autoeliminarsi.

* * *

Bossi vuole che i soldati italiani tornino a casa. Anche Di Pietro ha inalberato lo slogan del ritiro. L'anima populista dell'opposizione. Senza capire che questi slogan puramente velleitari non fanno che aumentare i rischi per i nostri militari: se la presenza italiana in Afghanistan diventasse incerta, gli assalti dei terroristi si concentrerebbero contro il nostro contingente per affrettarne la partenza. Annunci di questo genere, specie quando provengono da una forza di governo come la Lega, sono non solo irresponsabili ma delinquenziali. Il ritiro d'una forza militare da un teatro di operazioni non si annuncia mai; se si deve fare si fa e lo si dice dopo che il ritiro è avvenuto.

Ma la domanda è legittima: perché stiamo in Afghanistan? Non certo per difendere Karzai. Per portare la democrazia a Kabul? Sarebbe desiderabile una democrazia a Kabul, un paese ordinato, i diritti civili instaurati (non ci sono mai stati), la schiavitù delle donne abolita, più istruzione, un'economia che non sia basata solo sulla coltivazione dell'oppio, un commercio che non venda solo la droga, i signori della guerra privati del loro potere. E soprattutto il terrorismo talebano disarmato e stroncato.

Vasto programma. Se andasse tutto molto bene questi encomiabili obiettivi sarebbero raggiunti nel 2030. Più dopo che prima. Bisognerà dunque ridurre il "target" e accontentarsi di stroncare il terrorismo. Ma anche questo obiettivo non è dietro l'angolo e finora passi avanti non ci sono stati, ci sono stati semmai passi indietro.

Soldati, blindati, aerei, corpi scelti, sono necessari ma assolutamente non sufficienti. Ci vogliono soldi. Investimenti. Programmi che aiutino l'artigianato locale, l'agricoltura, i servizi, i consumi, il reddito. Non spiccioli ma uno sforzo massiccio. Lo stesso che ci vorrebbe in Palestina. Non affidato a Karzai o alle tribù guerriere ma al volontariato internazionale e alle comunità locali. Ai villaggi, alle città, agli artigiani.

Senza questo sforzo non si va da nessuna parte e se l'Italia vuole avere una sua politica dentro la Nato, dentro l'Unione europea e con l'alleato americano, è questo che deve proporre e chiedere ed è a questo sforzo, oltre che a quello militare, che deve partecipare.

Tutto il resto è chiacchiera inutile quando non è chiacchiera mortalmente dannosa.

Post scriptum. Sul Foglio di ieri ho letto la rubrica "Andrea's version" che è l'angolo più gustoso di quel giornale. Fa l'elenco dei sei paracadutisti caduti a Kabul, tutti nati nelle regioni del Sud e del Centro d'Italia e così conclude: "Che c... gliene frega alla Lega d'una questione squisitamente meridionale?".

Non si può dir meglio e questa è purtroppo la nostra miseranda situazione con la Lega che è il solo vero motore del nostro deplorevole governo.

(20 settembre 2009)

 

 

 

 

 

 

2009-09-16

 

 

 

 

 

L'UNITA'

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http://www.unita.it

2009-09-21

La diretta dei funerali dei soldati uccisi

Migliaia di tricolori fuori dalla basilica di San Paolo fuori le mura. Militari dell'Esercito schierati in due ordinate file ai lati della navata principale. Un applauso all'arrivo dei feretri avvolti nel tricolore e disposti davanti all'altare. sulla destra e sulla sinistra le sedie riservate ai parenti dei caduti.

Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, entrato nella basilica di San Paolo per i funerali dei parà morti a Kabul, si è avvicinato ai parenti delle vittime e ai militari feriti già seduti in chiesa chinandosi per un saluto. Anche il premier Silvio Berlusconi si avvicina ai parenti: strette di mano e il bacio alla madre di uno dei parà uccisi.

L'omelia "Le missioni di pace ci stanno aiutando a valutare da protagonisti la globalizzazione, da non intendere solo come processo socio-economico, ma criterio etico di relazionalità, comunione tra popoli e persone, procedendo con ragionevolezza, guidati dalla carità e dalla verità", ha detto monsignor Vincenzo Pelvi, ordinario militare per l'italia.

Per Pelvi "il mondo militare contribuisce a verificare una cultura di solidarietà e di responsabilità globale". Dnanzi a queste bare, ha sottolieato "l'esigenza di una concreta e rinnovata attenzione a quella responsabilità di proteggere un principio divenuto ragione delle missioni di pace. Se uno stato - ha aggiunto - non è in grado di proteggere la propria popolazione da violazioni gravi e continue dei diritti umani, la comunità internazionale è chiamata ad intervenire, esplorando ogni possibile via diplomatica e prestando attenzione e incoraggiamento anche ai più flebili segnali di democrazia".

Un grido in chiesa: "Pace subito" Un uomo, di circa 60 anni di età, è riuscito a salire sull'altare maggiore della Basilica di San Paolo durante i funerali dei sei militari uccisi a Kabul. "Pace subito, pace subito, pace subito" ha gridato al microfono subito dopo il Padre Nostro. L'uomo, che indossa una camicia azzurra a righe bianche, porta sulle spalle uno zainetto rosa e tiene tra le mani un ombrello verde, è stato bloccato dalla sicurezza e accompagnato fuori dalla Basilica.

L'uomo, assolutamente pacifico, è ora assistito dal personale del 118. Ha detto di essere un messagero di pace. Al medico che lo sta tranquillizzando ha precisato di non assumere medicine. "Non ve lo aspettavate?", ha detto al medico. Nello zainetto ha diversi volantini con preghiere e messaggi di pace.

La carezza di Martin al papà. Il figlio di sette anni del capitano Antonio Fortunato, ha lasciato per un attimo la mamma, seduta accanto a lui in prima fila, e si è avvicinato all'altare er dare l'ultima carezza al suo papà. Con questo gesto spontaneo il bambino ha commosso tutte le autorità presenti ai funerali di Stato per i sei parà uccisi in Afghanistan. Il bambino è passato davanti a loro, senza guardare nessuno. È andato davanti alla bara di suo padre, posta al centro delle sei, ha accarezzato la bandiera italiana e il basco amaranto ai piedi del feretro. Poi è tornato dalla madre.

La preghiera del paracadusta Sul finire della cerimonia funebre l'ex parà Gianfranco Paglia, deputato del Pdl, costretto su un sedia a rotelle dopo essere rimasto ferito in Somalia, ha letto la preghiera del paracadutista. Accanto a lui il figlio di Antonio Fortunato, Martin, di sette anni, con in testa il basco amaranto della Folgore.

Le frecce tricolori Subito dopo la lettura della preghiera, un trombettiere ha suonato il Silenzio che ha preceduto la benedizione delle bare e il canto del Risorgerò che ha concluso la cerimonia. Più passaggi delle frecce tricolori sul cielo sovrastante la Basilica hanno dato l'addio ai sei parà, accolti all'uscita dalla Basilica da un lungo applauso, dal grido 'Folgorè e da uno sventolio di bandiere tricolori.

21 settembre 2009

 

 

 

 

 

Bossi: "Votai anche io ma non per farli morire"

"Li abbiamo mandati noi e sono tornati morti". Così il leader della Lega nord, Umberto Bossi, entrando nella basilica di San Paolo fuori le mura per i funerali dei caduti italiani morti nell'attentato a Kabul, rilancia la polemica sulla missione in Afghanistan.

"Votai anche io ma non per farli morire" - ha precisato il leader del Carroccio. In precedenza aveva proposto "il tutti a casa entro Natale".

Sulla missione in Afghanistan, Bossi sostiene che "molti sono convinti diversamente rispetto al passato", anche se aggiunge "deve passare un po' di tempo". Quindi, su un possibile rientro dei militari entro Natale sostiene: "Ci sono le piccole e le grandi cose. Sarebbe un passettino portarne a casa a Natale almeno un pò. È un augurio - aggiunge - una speranza. Certo, c'è un problema americano, internazionale. Bisogna quindi chiedere a Berlusconi, che è l'uomo che si trova tra noi e l'America. Le cose comunque - conclude Bossi - stanno migliorando".

21 settembre 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2009-09-20

"Libero" contro il Colle

di Marcella Ciarnellitutti gli articoli dell'autore

Dolore, raccoglimento, silenzio rispettoso. Bisognerebbe che andasse così in certi momenti. Ma davanti alla tragedia delle vite cancellate in un lampo dei sei giovani militari che stamattina ritornano in patria, accolti dai rappresentanti delle istituzioni a cominciare dal presidente della Repubblica, c’è chi invece ha scelto di percorrere la strada della polemica. Nell’obbiettivo di "Libero", il giornale diretto fino a poco tempo fa da Vittorio Feltri e alla cui guida ora c’è Maurizio Belpietro, ci è finito il Capo dello Stato che non solo non sarebbe rientrato immediatamente dal Giappone, paese in cui è stato in visita ufficiale fino a ieri, ma addirittura avrebbe condizionato i tempi del rientro delle salme per esserci anche lui all’aeroporto di Ciampino. I condizionali, d’obbligo nella ricostruzione giornalistica, nel titolo a tutta prima pagina, sono diventati un netto "Napolitano fa aspettare i morti" sotto l’inquietante interrogativo "dov’è l’onore di stato"? Eppure lo stesso Belpietro nel suo editoriale non ha mancato di affermare che "davanti alle bare bisognerebbe avere il coraggio di tacere". Coraggio che lui si è perso sui tasti, tant’è che ha scelto di cavalcare una notizia sul presunto ritardo "arrivata in redazione" e fornita da non meglio identificate "fonti militari" poi svelate per giustificare l’attacco. Ma non tale da motivarlo. Amore di polemica che neanche gli esponenti del centrodestra hanno mostrato di apprezzare. Il ministro La Russa ha parlato di "presupposti inesistenti" ed ha dato la sua "totale e deferente solidarietà" al Presidente invitando "Libero" a smetterla. Una polemica non giustificata dato che lo stesso Presidente, da ieri sera a Roma, che alla notizia dell’attentato aveva ribadito la disponibilità, davanti all’evoluzione della vicenda, ad un ritorno anticipato in Italia che non si è reso necessario dati i tempi tecnici del rientro delle salme..

La smentita della Difesa è arrivata immediata. Ufficiale e "categorica" davanti a una polemica "inutile". "Il rientro dei feretri sta avvenendo nel più breve tempo possibile, compatibilmente con i tempi tecnici necessari". Seguono i dettagli che mettono in evidenza le difficoltà burocratiche e organizzative ma anche emotive di tutta l’operazione. A cominciare dalla compilazione di una certificazione (nazionale e internazionale) i cui tempi di realizzazione non sono inferiori alle 24 ore dall’avvio della procedura, ma anche per il desiderio dei colleghi dei caduti di allestire una cerimonia di commiato. L’aereo per il trasporto è dovuto arrivare da Pisa con sosta tecnica presso la base italiana di Al Bateen (Emirati). "Il volo di rientro, della durata complessiva di 18 ore, oltre alla sosta obbligatoria presso la stessa base italiana di Al Bateen, è previsto effettui uno scalo tecnico presso l'aeroporto di Larnaca (Cipro). "Non condividiamo che su questo tema si aprano polemiche giornalistiche e politiche di alcun tipo". Così Fabrizio Cicchitto, presidente dei deputati del Pdl. "Nel Paese ci sono già molte divisioni e di tutto c'e' bisogno tranne che di polemizzare in modo sterile e dannoso con le scelte del Presidente della Repubblica". Italo Bocchino, presidente vicario dei deputati Pdl dice che "l’Italia deve rispettare sempre gli impegni internazionali, siano una missione militare o da una visita di Stato".

20 settembre 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

Napolitano a Ciampino accoglie le salme dei parà

È giunto alle 9.30 l'aereo C-130 dell'Aeronautica militare che da Kabul, dopo diciotto ore di volo, ha riportato in Italia le salme dei sei paracadutisti uccisi in un attentato dinamitardo a Kabul il 17 settembre scorso. A Ciampino, a ricevere le salme dei caduti, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e le più alte cariche dello Stato. Appena giunto a Ciampino, il Presidente Napolitano ha avuto un breve incontro con i familiari delle sei vittime.

Un mesto corteo ha chiuso la breve cerimonia che si è tenuta dopo l'arrivo del C130 dell'Aeronautica con le salme dei sei paracadutisti italiani uccisi in Afghanistan: il tenente Antonio Fortunato, originario di Lagonegro (Potenza); il primo caporal maggiore Matteo Mureddu, di Oristano; il primo caporal maggiore Davide Ricchiuto, nativo di Glarus (Svizzera); il sergente maggiore Roberto Valente, di Napoli, e il primo caporal maggiore Gian Domenico Pistonami, di Orvieto (Terni).

Dopo il saluto del Capo dello Stato, che si è inchinato davanti a tutte le bare, poggiando su ciascuna la mano destra, e gli onori da parte del picchetto della Folgore schierato sulla pista, le sei bare sono state trasportate a spalla a bordo dei carri funebri con cui raggiungeranno l'istituto di medicina legale, dove è prevista l'autopsia. In testa al corteo, affranti, i parenti delle vittime: abbracciati tra loro, sostenuti da militari dell'esercito, hanno seguito le bare con i loro cari in silenzio, con dolore e grande compostezza. Dietro le autorità, con in testa il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e le massime cariche dello Stato. Presenti a Ciampino, naturalmente, anche i vertici della difesa e delle forze armate: dal ministro Ignazio La Russa al capo di stato maggiore della difesa Vincenzo Camporini, al nuovo capo dell'esercito, Giuseppe Valotto, insiedatosi proprio il giorno della strage. Tra le autorità presenti alla breve cerimonia che si è di fatto conclusa a Ciampino, oltre al sindaco di Roma Gianni Alemanno, con la fascia tricolore, anche alcuni parlamentari particolarmente vicini alle forze armate come il generale Mauro Del Vecchio, senatore del Pd ed ex comandante della missione Nato in Afghanistan, e l'ex parà Gianfranco Paglia, deputato del Pdl, costretto su un sedia a rotelle dopo essere rimasto ferito durante l'operazione in Somalia.

In questo momento sono già alcune decine le persone in attesa davanti al cancello dell'ospedale militare del Celio dell'apertura della camera ardente per i sei paracadutisti uccisi a Kabul. Attualmente sono in corso all'Istituto di medicina legale i rilievi autoptici. Al termine le salme saranno trasferite proprio al Celio dove sarà aperta la camera ardente. Applausi scroscianti hanno accompagnato l'ingresso di una cinquantina di paracadutisti del 186esimo di Siena, quelli che faranno il picchetto d'onore, lo stesso reparto a cui appartenevano tre dei paracadutisti che hanno perso la vita nell'attentato.

20 settembre 2009

 

 

 

 

 

 

La Nato: "Non si può ridurre l'impegno in Afghanistan"

di U. De Giovannangelitutti gli articoli dell'autore

Altro che "transition strategy", come foglia di fico dietro cui mascherare un "rompete le righe". Altro che "via al più presto, ma concordandolo con gli alleati". Il messaggio che giunge dal quartier generale della Nato è chiaro. Perentorio. E, per quanto riguarda l’Italia, è un (indiretto) avvertimento: "Non possiamo permetterci di ridurre ora il nostro impegno in Afghanistan", afferma da Bruxelles il portavoce della Nato James Appathurai, sottolineando che l'obiettivo dell'Alleanza è quello di far sì che gli afghani possano prendere in mano la loro sicurezza. "Ma questo va fatto in modo appropriato e misurato" attraverso un'opportuna strategia di transizione, spiega. Nessuna riduzione dell’impegno.

E qui si apre un giallo nel giallo: fonti accreditate a Bruxelles dicono a l’Unità che "nessuna riduzione" significherebbe, per l’Italia, il mantenimento in Afghanistan anche dei 500 militari (400 soldati, 100 carabinieri) inviati in occasione delle elezioni. Quei soldati, hanno ribadito ieri sia il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, sono da considerare già sulla via del ritorno. Ma c’è chi, fuori dai confini nazionali, ricorda che in occasione del suo viaggio a Washington (metà giugno), il Cavaliere aveva promesso a Obama altri 500 soldati, in servizio permanente.

La "babele delle strategy" che vede protagonista mezzo Consiglio dei ministri, a partire dal premier, disorienta Bruxelles. Secondo il portavoce della Nato le dichiarazioni del presidente del Consiglio italiano all'indomani dell'attentato di Kabul, sono "generalmente in linea" con quanto sostiene il segretario generale Andres Fogh Rasmussen. L’imbarazzo è racchiuso in quell’avverbio "generalmente". Un di più voluto. "Non vogliamo rimanere in Afghanistan un minuto in più del necessario ma non possiamo lasciare troppo presto", indica Appathurai, per il quale la questione della transizione verrà discussa in occasione della riunione informale dei ministri della Difesa che si terra a Bratislava a fine ottobre. La Nato, aggiunge il portavoce, "sostiene anche la proposta avanzata da Francia, Germania e Gran Bretagna (con l’Italia tagliata fuori, ndr) di tenere una conferenza ministeriale sull'Afghanistan entro fine anno per affrontare la questione anche sotto il profilo civile. "La linea di fondo è che non possiamo permetterci di ridurre il nostro sforzo ora, ma dobbiamo investire adesso per essere in grado di fare meno in futuro", insiste il portavoce dell'Alleanza atlantica.

L’imbarazzo è palese. Ministri che "fuggono". Altri che rilanciano. Altri ancora (il titolare della Farnesina, Franco Frattini) che evocano cambiamenti strategici in corso d’opera. Ministri (il titolare della Difesa, Ignazio La Russa) che scandiscono: "Exit strategy? Un vantaggio per il terrorismo". Ministri (leghisti) che se ne sbattono e ribadiscono: "A casa entro Natale". In mezzo c’è lui, il Cavaliere immaginifico che conia una nuova definizione: la "transition strategy". Che Berlusconi spiega così: l’obiettivo "è quello di caricare di maggiore responsabilità il nuovo governo (afghano) e mettere a punto il numero di soldati da afghani addestrati e il numero di componenti delle forze dell'ordine e fare un programma che vedrà aumentare le capacità del governo Karzai di garantire la sicurezza nel Paese e contestualmente di consentire alle truppe alleate di diminuire gli organici". Di più il Cavaliere non dice. Perché non può. Una parola di più potrebbe scontentare Umberto Bossi, il ministro-padre che resta convinto che "portare la democrazia in Afghanistan è fatica sprecata". E che bisognerebbe riportare a casa i nostri soldati, meglio se entro Natale. Con buona pace di Bruxelles.

19 settembre 2009

 

 

 

 

La guerra che nessuno ha mai vinto

di Gabriel Bertinettotutti gli articoli dell'autore

Numerose volte nell’arco dei secoli il territorio afghano è stato invaso e provvisoriamente conquistato almeno in parte da armate straniere. L’esito comune a imprese tanto diverse è stata la cacciata degli occupanti o la loro rinuncia finale a prolungare un’impresa che con il passare del tempo si rivelava costosa in termini di vite umane sacrificate ed infruttuosa sul piano dei risultati politici, economici, strategici. Senza risalire indietro nel tempo sino alla fulminea ma effimera apparizione di Alessandro Magno, la storia degli ultimi due secoli ci propone tre successivi tentativi di soggiogare l’Afghanistan: i britannici nel diciannovesimo secolo, i sovietici per dieci anni a partire dal 1979, gli americani dall’ottobre del 2001 con il concorso di decine di Paesi alleati. Interventi effettuati con motivazioni diverse, finalità diverse, e diverse legittimità sul piano del diritto internazionale.

Come finirà l’impresa in corso, è difficile prevedere. Ogni partecipante alle due missioni, Enduring Freedom e Isaf, professa la volontà di andarsene una volta che sia stata sconfitta la residua minaccia armata del terrorismo integralista e che a Kabul sia insediato un governo in grado di reggersi con le proprie forze. Sarebbe una novità se finisse in questo modo, se la partenza delle truppe straniere avvenisse a coronamento di un successo e non sulle ali di una cocente sconfitta.

In realtà nessuno è stato mai attirato dall’Afghanistan come obiettivo a sé stante. Il territorio è in gran parte montagnoso, ed anche se in alcune zone a sud e ovest il paesaggio si addolcisce in vallate meno impervie, le coltivazioni agricole non sono mai state tali da suscitare la cupidigia dei vicini. I giardini di Kandahar ricchi di melograni affascinavano soprattutto la fantasia dei poeti delle corti Moghul. Il clima è ostile. Freddissimo d’inverno, molto poco piovoso tutto l’anno. Non dispone di risorse naturali particolarmente appetibili. Quando arrivarono gli inglesi fu per contrastare il terreno ai russi che contendevano loro il controllo sulla Persia, vero oggetto del desiderio per entrambi. Quando a Kabul s’installò l’Armata rossa, fu in parte per compiere un ulteriore passo verso l’Oceano Indiano (antico sogno zarista), in parte per avere un regime satellite incastonato fra l’amica India ed il Pakistan filo-cinese e filo-americano in un’epoca in cui la guerra fredda incombeva ancora sul mondo.

Prima dell’attacco americano e della "coalizione dei volenterosi" nel 2001 l’esistenza di una dittatura teocratica in Afghanistan era stata subita dalla comunità internazionale senza troppi problemi. Fu la complicità di Omar e dei suoi mullah con gli autori delle stragi dell’11 settembre a creare l’impellente esigenza di rovesciare la Repubblica islamica. Gli sforzi degli invasori inglesi prima, sovietici poi, si sono infranti contro ostacoli di ogni tipo, a cominciare dalla difficoltà delle vie di comunicazione. Ma il vero rompicapo è stata l’inesistenza di una società afghana omogenea, o se si vuole l’inesistenza dell’Afghanistan come nazione.

Frammentato in varie comunità etniche, dai pashtun ai tagiki, dagli uzbeki agli hazara. Ciascuna comunità a sua volta divisa secondo appartenenze e lealtà tribali. Se ne accorsero i vari proconsoli di Sua maestà, da Alexander Burns a Pierre Louis Cavagnari, che delle rivalità tra i clan Abdali e Ghilzai fecero le spese. E gli stessi sovietici ebbero a barcamenarsi tra fazioni del partito comunista afghano divise non solo sul terreno ideologico ma dell’affiliazione al clan kharoti o ghilzai.

19 settembre 2009

 

 

 

 

 

"I talebani sono tornati in tutto il paese, lo dicono le mappe Onu"

di Gabriel Bertinettotutti gli articoli dell'autore

A colloquio con Alessandro Politi, direttore dell’Osservatorio strategico dell’istituto di ricerche Nomisma. Secondo lo studioso, è evidente l’espansione talebana sul territorio afghano. Per contrastarla si può tentare anche un approccio negoziale, purché contemporaneamente migliori l’immagine che dà di sé il governo centrale, le forze straniere evitino di alienarsi le simpatie popolari con inutili stragi di civili, e si coinvolgano i Paesi vicini nella soluzione della crisi.

Sino ad epoca recente si diceva che i talebani erano forti nelle loro roccaforti a Kandahar, Helmand, Uruzgan e nel sud del Paese in genere. Oggi sembra che siano operativi in quasi tutto l’Afghanistan. È così, signor Politi?

"Il miglior modo per avere un’idea della diffusione della rivolta sul territorio sono le mappe che l’Onu distribuisce alle agenzie impegnate in attività di cooperazione. In quelle mappe si descrive lo stato di insicurezza nelle varie province, con riferimento alla guerriglia, così come alle bande criminali, ai signori della droga, e così via. Ebbene nel 2002 le aree a rischio erano limitate ad una striscia di territorio al confine con il Pakistan. Ora da quelle stesse carte si capisce come lo stato di insicurezza sia pressoché generalizzato. Ci sono province in cui i talebani amministrano addirittura la giustizia e cercano di stabilire un vero contropotere. Altrove si limitano ad attentati o imboscate. I ribelli non sono un’organizzazione monolitica, la Shura (Consiglio) dei capi talebani ha un controllo limitato sull’attività dei singoli gruppi. Ma le attività militari talebane convergono su alcuni obiettivi. Ad esempio tagliare le linee logistiche del nemico, cioè le truppe straniere e l’esercito regolare. Si capisce allora perché siano sempre più sotto tiro gli italiani non solo a Kabul, ma anche nella provincia di Herat".

In questa situazione precaria sul terreno militare, quale effetto può produrre la crisi politica ed istituzionale innescatasi con le contestazioni sull’esito delle elezioni presidenziali dello scorso 20 agosto?

"I brogli sono stati una pessima mossa da parte di Hamid Karzai. Una mossa dettata dall’insicurezza, dalla volontà di restare comunque al potere. Così si è reso un servizio ai talebani che ora, dopo avere attaccato i seggi e mutilato gli elettori, possono perfino dire quanto sia finta la democrazia tanto vantata dai loro avversari".

Si ripropone ancora una volta il quesito: è utile o è addirittura a questo punto inevitabile avviare negoziati con i talebani o almeno con una parte di loro?

"Per rispondere bisogna tenere conto di diversi fattori. Consideriamo ad esempio il ruolo che può svolgere l’Iran, Paese confinante. Obama, ammaestrato dalla sconfitta di Bush in Iraq, sta tentando di dialogare con Teheran. Se questo sforzo diplomatico va in porto, tutta la questione afghana assume un altro volto, perché la collaborazione iraniana indebolirebbe i talebani in tanti modi. Ostacolando l’afflusso di armi ad esempio, o i movimenti dei narcotrafficanti. Un altro aspetto importante è il comportamento del governo centrale. Attualmente la giustizia non funziona, la corruzione dilaga. Ma se lo Stato desse migliore prova di sé, tante rinate simpatie per i talebani verrebbero meno. Inoltre deve proseguire lo sforzo americano di mutare il modo in cui vengono svolte le operazioni militari, evitando di massacrare i civili assieme ai guerriglieri. Insomma le trattative possono funzionare solo se si accompagnano ad altri cambiamenti, che vanno dal coinvolgimento dei Paesi vicini alla condotta delle autorità di Kabul. I talebani possono essere indotti a negoziare se si vedono indeboliti, minacciati da sviluppi che ne minano la popolarità e li isolano".

Uno degli scopi delle attività belliche in Afghanistan è la cattura e l’uccisione dei dirigenti di al Qaeda. Che forza hanno oggi i seguaci di Bin Laden e che rapporto con il movimento talebano?

"Al Qaeda ha patito una cocente sconfitta politica in Iraq, dove si era infiltrata profittando del caos provocato dall’attacco statunitense. Al Qaeda non controlla alcun territorio. Manda messaggi di tipo ideologico, iconico, ma la sua influenza politica è scarsa sia in Pakistan che in Afghanistan. In loro i talebani trovano dei fiancheggiatori e nulla più".

Emerge sempre più fra i politici e gli analisti la consapevolezza della centralità del Pakistan come componente sia della crisi afghana che della sua ipotetica soluzione. Lo stesso presidente degli Stati Uniti Barack Obama lo ha detto varie volte. Cosa ne pensa?

"È sempre stato così. Il Pakistan è stato la maledizione dell’Urss negli anni ottanta. Da lì muovevano i mujaheddin che aiutati anche dagli Usa e da altri Paesi occidentali provocarono il ritiro dell’Armata rossa e successivamente la caduta del regime filo-sovietico. Il Pakistan è però un Paese diviso con forti tensioni su base etnica che mettono a rischio l’unità del Paese. Parte delle alte sfere delle forze armate e dell’intelligence restano legate a schemi strategici che vedono la sicurezza del Pakistan affidata alla disponibilità di un retroterra da contrapporre ad un eventuale avanzata o attacco missilistico indiano. Quel retroterra si trova in Afghanistan. Per questo Islamabad aveva sostenuto e protetto i talebani nella conquista del potere. Ancora oggi parte delle élites militari aderiscono con riluttanza al nuovo corso varato dall’allora presidente Musharraf pressato dagli americani, dopo l’11 settembre".

19 settembre 2009

 

 

 

 

 

 

Afghanistan: nuovi attentati

Una forte esplosione ha causato stasera a Kandahar (Afghanistan meridionale) la morte di almeno sei persone. Lo scrive l'agenzia di stampa afghana Pajhwok. Fra le vittime dello scoppio che per il momento nessuno ha rivendicato, ha precisato l'agenzia, vi sono tre bambini. Meno di un mese fa un'altro attentato aveva devastato una zona abitata del centro della città natale del presidente Hamid Karzai, uccidendo 41 persone.

Kamikaze in azione anche a Herat, la città dell'ovest dell'Afghanistan dove ha sede il quartier generale dei militari italiani: due bambini sono rimasti uccisi in un attentato suicida che sembra essere stato compiuto da una donna. Lo riferisce l'agenzia francese Afp nel suo servizio online in lingua inglese citando Ikramuddin Yanwar, il comandante della polizia locale. Sul luogo dell'attentato, in cui sono rimasti feriti una ragazza, una donna e un uomo, sono stati ritrovati brandelli di un tessuto blu probabilmente parte di un burka, l'indumento che copre tutto il corpo indossato da molte donne afghane. Yarwar ha detto che le giovani vittime dell'attentato suicida sono un bambino di 10 anni e una bambina di sette.

Dopo l'attentato suicida di giovedì a Kabul, in cui hanno perso la vità sei parà della Folgore, è alta tensione anche nell'ovest dell'Afghanistan, vasta quanto l'Italia settentrionale, dove sono schierati circa 2.500 militari italiani e dove la minaccia dei talebani è sempre incombente. È di ieri, del resto, l'ultimo warning dell'intelligence relativo alla provincia di Herat, nell'area a cavallo tra i distretti di Shindand e di Khaki Safed, a ridosso della zona ad alto rischio di Farah. In quest'area, secondo l'ultimo allarme degli 007, sarebbero attivi due soggetti coinvolti in traffici illeciti e che rifornirebbero di armi un comandante talebano della zona, Abdul Rahim Khan, a sua volta in contatto con elementi vicini a presunti ambienti deviati dei servizi segreti iraniani. Inoltre, un gruppo di insorti composto da 10 estremisti sarebbe impegnato in sequestri di persona, traffico di armi e contrabbando di droga. La minaccia maggiore, nell'ovest, viene però segnalata nella provincia di Farah, dove "due formazioni ostili" di circa 120 elementi ciascuna intenderebbero realizzare, "a breve", imboscate nei confronti dei convogli dei militari Nato (e dunque soprattutto italiani) nei distretti di Bakwa e di Bala Baluk. La prima di queste formazioni avrebbe la sua base nel villaggio di Qal-e-Gah e starebbe organizzando attacchi lungo la strada '515' che collega Farah a Delaram; la seconda, localizzata nel centro di Kal Qal'eh, intenderebbe colpire "obiettivi sensibili" con l'impiego di armamento vario, anche contraereo, tra cui lanciarazzi e mine a pressione.

19 settembre 2009

 

 

 

 

 

 

2009-09-16

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

il SOLE 24 ORE

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2009-09-21

 

 

 

 

 

 

 

2009-09-20

A Ciampino le salme dei sei parà

Napolitano s'inchina davanti alle bare

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20 settembre 2009

LE FOTO / L'arrivo a Ciampino dei 6 parà uccisi a Kabul

Le lacrime dei commilitoni (di Cristina Balotelli)

Nell'attacco di Kabul spari contro i parà dopo l'autobomba

Per i caduti l'omaggio delle Frecce Tricolori

In Afghanistan nei giorni dell'attentato

IL RACCONTO / Mi ha detto: "Aspetta qui". Poi un sorriso e il lampo (C.B.)

Chi sono i soldati caduti

È atterrato stamane all'aeroporto romano di Ciampino il C-130 dell'aeronautica italiana, con a bordo le salme dei sei parà della Folgore caduti giovedì scorso a Kabul, in Afghanistan. Picchetto d'onore schierato accanto al velivolo e tanti parenti ad aspettare i militari. Tra i familiari delle vittime, dei sei paracadutisti uccisi giovedì scorso in Afghanistan c'è anche Simone Francesco, di due anni - figlio del sergente maggiore Roberto Valente - in braccio alla madre e con il testa il basco amaranto della Folgore.

Il generale e l'ex parà. Foltissima la schiera delle autorità sulla pista: con il capo dello Stato, anche il presidente del Senato Renato Schifani, il presidente della Camera Gianfranco Fini, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta, il ministro per la Semplificazione legislativa Roberto Calderoli, il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini, il governatore del Lazio Piero Marrazzo e il sindaco di Roma Gianni Alemanno. Presenti anche il generale Mauro Del Vecchio, senatore del Pd ed ex comandante della missione Nato in Afghanistan, e l'ex parà Gianfranco Paglia, deputato del Pdl, costretto su un sedia a rotelle dopo essere rimasto ferito durante l'operazione in Somalia. Questa mattina, affacciato dalla finestra del Palazzo apostolico di Castel Gandolfo, anche il Papa Benedetto XVI ha espresso "riprovazione" per l'attentato.

La carezza del presidente. Napolitano si è inchinato davanti a ognuna delle sei bare, poggiando la mano su ognuna di esse. L'arrivo dei militari è stato trasmesso in diretta anche dalla tv americana Cnn nella rubrica della breaking news. Intanto, il generale Vincenzo Camporini, capo di Stato maggiore della Difesa, ha spiegato che la missione italiana in Afghanistan non cambierà: "Questo è un momento di grande dolore" per le forze armate e il paese, "ma non vedo perchè la missione dovrebbe cambiare".

I feriti in Italia. Nella notte tra sabato e domenica sono rientrati anche i quattro militari rimasti feriti nell'attentato. Sono arrivati all'1.32 all'aeroporto di Fiucino, con un volo di linea Alitalia da Abu Dhabi-Larnaca, e sono stati immediatamente trasportati all'ospedale militare del Celio. Nonostante lo choc subìto nell'attentato loro condizioni sono sostanzialmente buone, come hanno verificato in Afghanistan i medici francesi dell'ospedale "Role 2". I feriti sono il primo maresciallo dell'Aeronautica Felice Calandriello e i primi caporalmaggiori della Folgore Rocco Leo, Sergio Agostinelli e Ferdinando Buono.

I funerali. Lunedì, alle 11, nella chiesa di San Paolo Fuori le Mura, a Roma, si svolgeranno i funerali dei sei caduti. Una cerimonia alla quale nanno chiesto di poter partecipare anche i quattro militari feriti: viaggiavano nel secondo dei due blindati Lince investiti dall'autobomba. Nell'attentato sono morti tutti e cinque gli occupanti del primo blindato, più il militare addetto alla mitragliatrice del secondo blindato.

20 settembre 2009

 

 

 

 

 

Nell'attacco di Kabul spari contro i parà dopo l'autobomba

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19 settembre 2009

Con i parà sui blindati della Folgore

di Cristina Balotelli

La Russa: "gratuita polemica" sul ritardato ritorno delle salme

di Mariolina Sesto

Per i caduti l'omaggio delle Frecce Tricolori

L'inchiesta sulla dinamica dell'imboscata

C.B.

Napolitano: "L'Italia manterrà i suoi impegni" in Afghanistan

In Afghanistan nei giorni dell'attentato

di Cristina Balotelli

Le omissioni di Obama sulla guerra in Afghanistan (Foreing Policy)

IL RACCONTO / Mi ha detto: "Aspetta qui". Poi un sorriso e il lampo

di Cristina Balotelli

VIDEO da Kabul / "In missione con i parà, sempre così sereni"

C.B.

Chi sono i soldati caduti

 

Era una trappola, un'imboscata studiata ad arte quella nella quale sono caduti i nostri soldati a Kabul. Tanto che i parà superstiti dopo l'esplosione sarebbero stati colpiti anche da armi leggere. E avrebbero risposto al fuoco. Quella consumata in pieno centro a Kabul sarebbe stata una battaglia durata alcuni minuti.

È quanto emerge dal racconto del caporalmaggiore capo Ferdinando Buono, uno dei sopravvissuti, alla moglie. "Mi ha detto - spiega la signora Anna Buono - che quando lui e gli altri feriti stavano faticosamente liberandosi dalle lamiere sono sbucati degli uomini che hanno esploso contro di loro dei colpi di arma da fuoco. Ferdinando è riuscito a recuperare una pistola, i militari hanno risposto al fuoco e gli aggressori si sono dileguati, mentre sul posto giungeva la polizia afghana".

La circostanza della sparatoria viene riferita anche da alcune persone che si trovavano in prossimità del luogo dell'attentato: un giornalista della Bbc e un diplomatico hanno detto di aver "ascoltato chiaramente gli spari" a qualche centinaia di metri di distanza, anche se non hanno visto direttamente l'episodio.

È una versione che un portavoce della missione Isaf, il colonnello Fabio Mattiassi, interpellato dall'agenzia Ansa, definisce plausibile.

"Su questa vicenda è in corso una inchiesta giudiziaria della magistratura - ha indicato Mattiassi - ma anche un'altra militare di Isaf che è di carattere tecnico-tattica e che deve determinare cosa è successo esattamente quel giorno".

"Non abbiamo ancora una risposta certa - ha proseguito - e le domande che aspettano una risposta sono numerose. Tutto questo - ha sottolineato il colonnello Mattiassi - è studiato attentamente da Isaf per comprendere la dinamica dell'accaduto e preparare futuri scenari in modo da prevenire altre possibili vittime". Ancora deve essere chiarito se si è trattato di un'autobomba guidata da un kamikaze o di un veicolo fermo sul bordo della strada.

19 settembre 2009

 

 

 

 

 

 

Per i caduti l'omaggio delle Frecce Tricolori

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19 settembre 2009

Per i caduti l'omaggio delle Frecce Tricolori

È decollato da Kabul il C-130 dell'Aeronautica militare con a bordo le salme dei sei paracadutisti della Folgore uccisi nell'attentato di giovedì. Dopo due scali tecnici ad Abu Dhabi e a Larnaca, l'arrivo all'aeroporto di Ciampino è previsto per domani mattina intorno alle 9.30. A Kabul, l'estremo saluto ai caduti, durante un sobrio rito religioso, è stato pronunciato da un cappellano militare italiano alla presenza dei vertici della Folgore, di tutto il Corpo diplomatico italiano e del rappresentate europeo in Afghanistan Ettore Sequi.

È previsto invece in nottata, dopo mezzanotte, l'arrivo all'aeroporto di Fiumicino dei quattro paracadutisti rimasti feriti nell'attentato. I quattro, che hanno fatto scalo ad Abu Dhabi, torneranno in Italia a bordo di un velivolo civile, usato per le esigenze della Difesa.

Intanto da fonti della Difesa si apprende che durante la cerimonia funebre per i sei militari italiani, ci sarà il passaggio delle Frecce Tricolori sopra la Basilica di San Paolo fuori le mura a Roma, luogo delle celebrazioni. Ai funerali militari solenni è prevista la partecipazione delle più alte cariche dello Stato e dei vertici delle forze armate.

19 settembre 2009

 

 

 

 

 

 

 

I caduti italiani in Afghanistan

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17 settembre 2009

Erano tutti di età compresa tra i 26 e i 37 anni i sei militari italiani uccisi nel tragico attentato che ha colpito Kabul. Il ministero della Difesa ha comunicato i loro nomi.

Roberto Valente. Classe 1972, sergente maggiore in forza al 187° reggimento, era il più anziano dei sei militari: al momento dell'esplosione si trovava sul convoglio che lo avrebbe riportato dall'aeroporto alla base militare in Afghanistan. Aveva lasciato la sua città, Napoli, mercoledì sera, dopo aver trascorso 15 giorni di licenza con la famiglia. "Roberto Valente si trovava sul "lince", un mezzo pesante che ci ha salvato la vita tante volte - ha spiegato il colonnello Luigi Masiello - questa volta però purtroppo è andata diversamente: del resto l'autobomba si è ridotta ad un cartoccio. Evidentemente l'avevano caricata con ingenti quantità di esplosivo, ma questo sarà chiarito nei prossimi giorni".

Giandomenico Pistonami. Classe 1983, primo caporal maggiore in forza al 186° reggimento, era nato a Orvieto, ma da una famiglia originaria di Lubriano nel Viterbese, piccolo centro a pochi chilometri dal capoluogo di provincia umbro. Pistonami, raccontò in un'intervista al settimanale L'Espresso il suo impegno in Afghanistan, pochi giorni dopo la morte di Di Lisio. Pistonami, proprio come Di Lisio, era un mitragliere. "Esco tutti i giorni, faccio da scorta a materiali e persone. Il mio è il ruolo più importante della pattuglia - aveva detto all'inviato Barbara Schiavulli -, ho più campo visivo e uditivo, con un gesto posso fermare le macchine che passano".

Antonio Fortunato. Classe 1974, tenente in forza al 186° reggimento, era originario di Lagonegro (Potenza) e comandava la pattuglia che ha subito l' attentato a Kabul. Con la famiglia si era stabilito da alcuni anni nelle vicinanze di Siena, a Badesse.

 

Matteo Mureddu. Era originario di Solarussa (Oristano) ma risiedeva da qualche anno a Uopini, nel Comune di Monteriggioni (Siena) il primo caporal maggiore Matteo Mureddu, classe 1983, in forza al 186° reggimento, morto nell'attentato a Kabul. Mureddu lascia un fratello, una sorella e i genitori. Il padre di Mureddu fa il pastore e possiede un piccolo gregge.

Davide Ricchiuto. Nato a Glarus (Svizzera), classe 1983, primo caporal maggiore in forza al 186° reggimento, aveva la funzione di autista di mezzi militari. Non era alla prima missione in Afghanistan.

 

Massimiliano Randino. Era originario di Pagani (Salerno), ma abitava da alcuni anni a Sesto Fiorentino (Firenze) con la moglie. Classe 1977, primo caporal maggiore, era dal 31 gennaio scorso effettivo al 183° reggimento paracadutisti Nembo di Pistoia, ed era rientrato mercoledì da due settimane trascorse in licenza in Italia. Era appena arrivato a Kabul.

17 settembre 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2009-09-16

 

 

 

 

 

 

 

 

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